Ci arrivi con fatica all’ultima puntata de La Storia, l’ottava, disponibile con le altre su Rai Play e che probabilmente avresti fatto meglio a vedere lentamente e non a bingiare, come sei abituato a fare con le serie Tv che ti appassionano.
Ci arrivi con una tristezza e un’amarezza che riaffiorano dai ricordi di quando, adolescente, a scuola ti hanno imposto di leggere il libro da cui è fedelmente tratta, solo che ora che sei più matura, la sofferenza è doppia, perché la speranza che hai a 16 anni che quegli orrori descritti, la guerra, la violenza, le deportazioni non possano più ripetersi è stata spazzata via, sia dal passato recente che dall’attualità di questi mesi.
E allora prima ti sale la rabbia, poi il senso di sconfitta e se quando eri giovane te la sei presa con la Morante che aveva ucciso la speranza chiudendo gli occhi azzurri di Useppe, adesso capisci che aveva ragione, perché in un mondo dove c’è la guerra e la sete di potere, con tutte le loro conseguenze, non può vincere nessuno, siamo tutti sconfitti.
Rifletti anche sulle conseguenze devastanti che eventi come questi lasciano, il disturbo post traumatico che uccide Davide e contribuisce a far morire anche il piccolo Useppe.
Al di là di questi sentimenti, a me la serie è piaciuta, l’ho trovata molto simile al romanzo, asciutta e mai eccessiva, un racconto in cui i personaggi vivono, con molta dignità, il loro destino senza vittimismo, che emoziona e commuove, senza dover mostrare a tutti i costi troppe scene cruente, ma solo a volte attraverso sguardi o poche parole.
La storia di quei terribili anni si intreccia con quella dei protagonisti, gente umile, ”i piccoli” che subiscono le decisioni degli altri e la cui vita viene stravolta.
I personaggi principali li ho trovati molto ben caratterizzati. Ho amato lo sguardo spaurito di Ida, il volto sempre più scavato e provato di Jasmine Trinca, il suo passo trascinato, rasente al muro, la vitalità e il sorriso di Nino e l’innocente dolcezza di Useppe. Credo che i bambini che hanno interpretato il piccolo Mancuso siano stati straordinari, sfido chiunque a dire che Mattia Basciani non rispecchia completamente l’Useppe che avevamo immaginato.
Mastandrea e Germano ormai sono una certezza, soprattutto il primo è tra i miei preferiti, ha girato questo e il film della Cortellesi C’è ancora domani contemporaneamente, dando vita a due personaggi completamente diversi. Ho trovato molto convincente anche Asia Argento nei panni di Santina, una donna che nel libro avevo amato molto e per la cui felicità ho tanto parteggiato.
Si riconoscono anche volti noti delle serie e dei film italiani, ho amato la famiglia dei Mille e l’interpretazione dolcissima della giovane moglie per procura Annita, Vilma (Giselda Volodi), la donna del ghetto, creduta una folle che riporta le notizie delle radio straniere che ascolta dalla signora da cui lavora e che non vengono prese in considerazione perché c’è troppo orrore e anche la Di Segni (Anna Ferruzzo), la quale Ida incontra alla Stazione Tiburtina in un raro momento in cui cede all‘istinto e sfida il pericolo, che disperata implora di partire anche lei con i suoi familiari verso Auschwitz.
Persino i cani, molto importanti nella narrazione, sono stati perfetti!
Non posso esprimermi sulle ricostruzioni storiche dei luoghi, ma trovo che soprattutto nella seconda parte ci sia stato molto realismo.
Una serie che non mi sentirei di consigliare ai giovanissimi per il senso di angoscia che lascia, ma che sicuramente insegna una lezione importante.
Gli storici sono la mia passione, mi piacerebbe catapultarmi durante la Reggenza tra balli e corteggiamenti. Amo gli amori contrastati e sono una sentimentale... mi commuovo pure per le pubblicità. L'altra mia passione è Grey's Anatomy che seguo dalla prima puntata anche se il mio personaggio preferito è morto nell'undicesima stagione... 😡