Adrian Lyne è tornato dopo vent’anni dal suo ultimo film Unfaithful e ha deciso che l’ondata del #metoo, del girl power e dello “smettiamo di ritenere la donna un mero oggetto sessuale” non erano veramente arrivate, almeno non per lui.
Mi aspettavo una smargiassata machista dal celebre regista, ormai ottantenne, di Proposta indecente e 9 settimane e mezzo, film di grande incasso ma figli di un’epoca ormai completamente archiviata dalla nostra società.
Dov’è stato il regista mentre la figura della donna si evolveva?
Ma partiamo dalla trama: Vic Van Allen (Ben Affleck) è un ultramiliardario che non ha bisogno di lavorare perché ha creato un chip per i droni da combattimento e ha fatto soldi a palate.
Trascorre il suo tempo ad allevare lumache e a correre in mountain bike tra le salite del Connecticut e, ovviamente, a spiare la moglie e a fare lo sguardo tra l’offeso e il mortificato mentre la vede accompagnarsi, senza nessun ritegno, a tutti i bellocci del quartiere.
Eh sì, perchè Melinda Van Allen (Ana de Armas) non si fa molti problemi tradisce il marito portando a casa i suoi amanti e gli fa fare il terzo incomodo.
Melinda è giovane, ha una carica sensuale che non le permette di vestirsi se non con sottovesti nere che nulla lasciano all’immaginazione (quando non è nuda…visto che si denuda anche davanti alla baby-sitter).
Quando i suoi amanti iniziano a sparire e a morire non si preoccupa di proteggere il marito, lo accusa pubblicamente di fronte alla polizia.
Ben Affleck interpreta bene il ruolo del marito apparentemente privo di emozioni e di slanci che, però, sopraffatto dalla gelosia alla fine decide di sterminare tutto lo stuolo di pretendenti della moglie, diventando così un vero e proprio serial killer per amore!
Purtroppo, però, il film nasce male fin dall’inizio, doveva, infatti, prendere ispirazione dall’omonimo thriller di Patricia Highsmith ma tradisce fin da subito il libro.
Se nel romanzo i due coniugi sono consapevoli dei loro ruoli, in questo caso Vic Van Allen non solo non pare digerire in alcun modo i tradimenti ma diventa addirittura un feroce assassino.
Il problema principale è proprio la dinamica alla base di tutto: una donna dall’eros spropositato, dalla volgarità esagerata, rappresentata dallo sceneggiatore stesso come “meno intelligente” del marito. Una sorta di “femme fatale” un po’ scema che certo non permette a noi donne di uscire dai soliti cliché.
Avevamo bisogno della storia di una specie di ninfomane che causa la totale psicopatia del coniuge distrutto dalla morbosità?
La fine, poi, lascia imperterriti: Melinda non è solo un’abile manipolatrice, una traditrice seriale e una donna leggera ma è anche un’avida arrampicatrice sociale che pur di non perdere gli agi che le permette il matrimonio col ricco marito, decide di chiudere non uno ma entrambi gli occhi sulle sue malefatte (non vi svelo in che modo altrimenti che gusto ci sarebbe).
Insomma, nel complesso, Acque profonde (Deep Water) delinea una pessima immagine delle donne che, per fortuna, non sono tutte come Melinda.
Il film non lascia nello spettatore nessun messaggio positivo, niente che stia al passo con questi nostri tempi difficili, certo, ma emotivamente progrediti.
Se vi ho incuriositi potete trovare Acque Profonde sulla piattaforma streaming Amazon Prime. Buona Visione!
Tra il libro e il film ho sempre preferito il libro, per questo cerco sempre di guardare serie tv con sceneggiatura originale. Più son truci e meglio è, perché l'unico modo per combattere il Male è attraverso la sua conoscenza. Se mi cercate, non mi troverete mai al cinema nelle sale dei film strappalacrime. Molto meglio gli horror e tanti, tanti pop corn!