Il nuovo film con Mila Kunis, uscito pochi giorni fa su Netflix, segna quello che per me è un divario culturale inarrivabile tra Italia e Stati Uniti: Lukiest Girl Alive ha ricevuto pessime critiche oltreoceano, mentre qui da noi sembra essere stato davvero apprezzato.
La pellicola è tratta dal romanzo bestseller di Jessica Knoll, che ne ha curato anche la sceneggiatura.
Innanzitutto partiamo dal trailer, che sembra dare una trama molto diversa e anche meno appetibile. Si vede la vita della protagonista venire sconvolta, a distanza di anni, da un documentario True Crime che sembra accusarla di essere stata complice nella sparatoria scolastica che ha sconvolto la sua esistenza: non è così. La storia è diversa e molto più complessa. Tutti sanno di Ani e di ciò che le è accaduto, come è di dominio pubblico che fin dall’inizio un sopravvissuto l’ha additata, senza però avere alcuna prova.
Ani Fanelli è una donna che si sta facendo strada nell’editoria e mira a scrivere per il New York Times, è fidanzata con un rampollo dell’alta società ed è bellissima; sa dire le cose giuste, riesce ad appagare l’interlocutore e così facendo si è creata un’aura impenetrabile di perfezione. Ciò che la fa vacillare è il regista di un documentario indipendente che vuole la sua versione sulla sparatoria avvenuta nel liceo che frequentava da ragazza, perché Ani Fanelli non ha mai parlato. Lei era solo una ragazza dei sobborghi arrivata in un istituto prestigioso grazie a una borsa di studio, ma tra quelle mura ha incontrato il diavolo in persona.
La nostra protagonista ha tanto da dire, ma lo farà solo quando avrà spuntato tutte le sue caselle, quando la sua vita sarà così perfetta da essere inattaccabile.
I flashback del suo passato sono progressivamente più difficili da guardare, sempre più violenti, sempre più terrificanti, e Mila Kunis si aggrappa con forza alla fragilità e al dolore della giovane Tiffany, creando uno splendido mostro consumato dalla rabbia.
I molti, troppi, riferimenti alla tragedia reale della Columbine High School non sono andati giù al pubblico statunitense, che parla di cattivo gusto e volgarità quando l’accusa di Ani va a colpire alcuni dei ragazzi morti nella sparatoria. Insomma, agli americani le sparatorie a scuola non gliele devi toccare, neanche se ne hanno avute 34 solo nel 2021 e 35 nel 2022 e forse sarebbe il caso di parlarne di più, visto che non sembrano venirne a capo.
Per quanto mi riguarda, questo film è davvero bello, sicuramente pesante da digerire, ma ben costruito e sincero; Mila Kunis è ipnotica, porta sullo schermo una performance straordinaria e ricca di sfumature. La rabbia di Ani permea ogni sua parola, anche la più gentile, e per capirlo basta spostare lo sguardo dalle labbra agli occhi della protagonista; non sai mai cosa farà o dirà, e una volta che il film si avvia alla conclusione e viene chiarita la causa del suo comportamento, comprendi pienamente e ti relazioni con il personaggio. Se finisci di guardare Luckiest Girl alive senza sentirti arrabbiato come Ani, non l’hai guardato bene.
Il mio biglietto da visita sono grandi occhi cerulei e un sorriso affettuoso, caratteristiche perfette per mascherare umorismo triviale e un sarcasmo che altrimenti mi metterebbe in guai seri.
Mi piacciono i dinosauri, gli zombie e il formaggio; sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma adoro anche rivedere i classici della mia infanzia.
E il formaggio.