Dopo aver concluso la visione di questa miniserie dovrei scrivere cosa ne penso e, spoiler, davvero non lo so. Zero Day è tutto e niente, amore e odio, velocità e lentezza, ma di sicuro non si può confinare in bello o brutto.
Sicuramente vedere Robert De Niro su Netflix è un incentivo per iniziare la visione.

De Niro è in forma smagliante per il suo primo ruolo televisivo, impressionante nel ruolo di Mullen, piccolo di statura ma sempre in grado di incutere rispetto. Incanala i suoi decenni di esperienza sul grande schermo nell’interpretare qualcuno che ha il destino del paese nelle sue mani. È circondato da tonnellate di talenti: Jesse Plemons è viscido ma simpatico nel ruolo del suo braccio destro Roger; Lizzy Caplan è coinvolgente come sempre nei panni della figlia Alex; Connie Britton è silenziosamente ferrea nell’interpretare il capo dello staff Valerie; Dan Stevens mastica lo scenario, in ottima forma, nel personaggio dell’insopportabile opinionista televisivo Evan Green; e Gaby Hoffman convince come miliardaria della tecnologia che usa le sue piattaforme per esercitare influenza sul governo (suona familiare?). Insieme alla sempre regale Angela Basset, Zero Day inizia subito la sua partita con una mano vincente dopo l’altra.
Sono questi interpreti potenti a compensare una scrittura che ha troppe zone grigie.

Sei episodi da un’ora che ci mostrano un attacco terroristico che va a intaccare direttamente le reti degli Stati Uniti, mandando in tilt i mezzi di trasporto, gli ospedali e le comunicazioni, causando migliaia di vittime. L’ex presidente George Mullen viene chiamato dalla Comandante in Capo a presiedere una task force mirata a trovare il colpevole, e la scelta non è casuale: è un uomo amato dai cittadini e, soprattutto, rispettato da tutti i partiti. Un politico onesto, saggio, integerrimo.
Gli strumenti a sua disposizione sono illimitati: la polizia e gli agenti federali possono arrestare i cittadini senza prove e cercare le loro case senza mandato, gettarli in celle segrete e torturarli legalmente.
Ovviamente non vado oltre nella sinossi, ma vi anticipo che per quanto la trama principale avrà una sua conclusione, nel bene o nel male, ci saranno non pochi punti oscuri, particolari lasciati da parte che vi daranno la sensazione di aver perso qualche scena fondamentale. Forse sarebbe servito un episodio in più, forse hanno caricato troppo la storia, non è chiaro, ma è un difetto che pesa molto sul giudizio finale.
l più grande inciampo di Zero Day è nel ritmo: inizia forte con l’attacco iniziale, ma perde tensione e interesse verso la metà, la sceneggiatura fatica mentre manda Mullen su tracce sbagliate e ritarda la sua grande rivelazione. Una volta che la verità inizia a emergere, il livello sale prepotentemente e le ultime due puntate sono davvero esaltanti.
Splendidamente realizzato, politicamente lungimirante e con un notevole seguito di star, Zero Day riesce a compensare i suoi difetti regalando grandi emozioni quando serve davvero.

Il mio biglietto da visita sono grandi occhi cerulei e un sorriso affettuoso, caratteristiche perfette per mascherare umorismo triviale e un sarcasmo che altrimenti mi metterebbe in guai seri.
Mi piacciono i dinosauri, gli zombie e il formaggio; sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma adoro anche rivedere i classici della mia infanzia.
E il formaggio.