Non è facile parlare di questo film, perché il Wakanda si porta dietro un’eredità davvero pesante.
Come fai a fare un sequel quando il tuo protagonista viene a mancare dannatamente troppo presto? Chadwick Boseman non era solo un attore, era l’incarnazione stessa di Black Panther e la sua decisione di nascondere la tremenda malattia che lo affliggeva al mondo intero, ha fatto sì che la sua morte sia stata uno shock per tutti, dai fan ai colleghi.
È da poco emerso un aneddoto che, se possibile, rende l’intera vicenda ancora più triste. Il regista Ryan Coogler gli aveva offerto la possibilità di leggere la sceneggiatura, ma Chadwick ha rifiutato dicendo che l’avrebbe letta solo dopo l’approvazione e le note degli Studios; quella fu l’ultima conversazione tra il regista e l’attore, che due settimane dopo è venuto a mancare.
Ora, con un simile macigno narrativo ed emotivo da gestire, è davvero possibile che il Wakanda sia in grado di dare ancora qualcosa all’MCU?
Dopo che Killmonger ha distrutto il fiore a forma di cuore che donava il potere della Pantera Nera, Shuri non è in grado di sintetizzarlo nuovamente per salvare la vita al fratello T’Challa, afflitto da una malattia sconosciuta che lo condurrà alla morte già nei primi minuti della pellicola.
Il tributo a Chadwick Boseman è ovunque. Dalla frustrazione del non poter salvare il suo personaggio, al funerale solenne, gli spettatori assistono emozionati all’ultimo saluto al Re, sapendo che è tutto drammaticamente reale. È l’intro Marvel, interamente dedicato a lui, a chiudere il cerchio, così dolcemente potente da togliere il fiato all’intera sala.
Il mondo sa del Vibranio e del suo inimmaginabile potenziale bellico, il regno della Regina Ramonda è costantemente sotto attacco; ogni nazione vuole impossessarsi del prezioso materiale e questo la costringe a mettere in chiaro che non verranno tollerate altre incursioni. Se il mondo vuole il Vibranio, dovrà cercarlo al di fuori dei confini Wakandiani.
La spasmodica ricerca del materiale conduce gli Stati Uniti fino all’oceano, dove una forza misteriosa stermina i soldati e i ricercatori che erano riusciti a trovarlo. Di lì a breve viene introdotto il terribile Namor, re/imperatore/dio del regno sottomarino di Tlalocan, un essere dalla potenza straordinaria che non è molto incline alla diplomazia.
La sceneggiatura, così appesantita di idee, si destreggia malamente tra la morte del re, il lutto di Shuri, l’introduzione di Riri che sarà poi Ironheart in una serie tutta sua, la politica, il vibranio, la mancanza di un nuovo Black Panther, la tragica storia del cattivo e tanto, troppo altro.
Sì, avremo una nuova Pantera Nera e per tutto il film ci si aspetta una sorpresa che non arriva.
Purtroppo né Shuri né al sua interprete sono in grado di sostenere la storia; erano perfette come comprimarie, come spalle, ma non come protagoniste. La voce di Angela Basset rimbomba nelle sale del potere quando la sua Regina Ramonda ammonisce il mondo, minacciandolo con voce suadente e sguardo intrepido: la migliore interpretazione di cui il Wakanda potrà mai godere. E Okoye, la splendida Danai Gurira, nonostante sia “solo” il generale delle Dora Milaje non fa che oscurare involontariamente la principessa con la sua presenza così autoritaria e la sottile ironia. M’Baku invece, da nemesi secondaria del primo film, diventa confidente della giovane e rabbiosa Shuri, aiutandola con la sua rustica saggezza a trovare in se stessa le risposte di cui ha bisogno.
Namor è interpretato con cura, ma di nuovo sono le sue interazioni con la principessa a inquinare la storia. Sembra che tra i due ci sia intesa, ma viene lasciata in superficie e poi dimenticata; è un “cattivo” che compie azioni atroci, quasi peggio dello stesso Thanos, ma le sue motivazioni sono insipide, banali. Sarebbe stato più semplice dire che si diverte a uccidere e basta.
E quelle alucce sui piedi non si possono vedere, ammazzami finché ti pare ma tanto rido comunque.
La scena finale, dopo la canzone che Rihanna ha scritto per il film, è uno schiaffo in faccia a tutta la storia costruita nelle due ore precedenti e lascia gli spettatori con una strana indecisione: odiarla o amarla. Forse è stata una scelta degli sceneggiatori, pentiti della morte di Killmonger nel primo film e della conseguente impossibilità di farne il nuovo Black Panther, ma per quanto sia comprensibile, non la giudico una scelta vincente.
Il mio biglietto da visita sono grandi occhi cerulei e un sorriso affettuoso, caratteristiche perfette per mascherare umorismo triviale e un sarcasmo che altrimenti mi metterebbe in guai seri.
Mi piacciono i dinosauri, gli zombie e il formaggio; sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma adoro anche rivedere i classici della mia infanzia.
E il formaggio.