Hallmark Channel ci riprova, persevera, insiste: non vuole mollare l’idea di dare al suo pubblico un dramma famigliare sovrannaturale, e a gennaio ha stupito tutti con The Way Home.
I film e le serie di questo canale così di nicchia sono noti perché raccontano storie che mirano a toccare le corde dei cuori più sensibili e si concludono sempre con un (prevedibile) lieto fine, ma stavolta il prodotto proposto è qualcosa di più. È un approccio unico che fonde insieme diversi generi per creare qualcosa che sulla rete non si era mai visto prima, e i fan lo adorano. Ora che la prima stagione della serie si è conclusa con un cliffhanger sbalorditivo, diamogli un’occhiata insieme e speriamo che esca al più presto in Italia.

The Way Home è commovente, ma non sdolcinato, e viaggia nel tempo, ma non c’è Jamie Fraser dall’altra parte (-100 punti); ha il potenziale e si sa valorizzare, anche se non osa più di tanto e questo è un peccato.
Racconta la storia di tre generazioni di donne: Kat Landry (Chyler Leigh di Grey’s Anatomy), sua figlia adolescente Alice (Sadie Laflamme-Snow) e la madre di Kat, Del (Andie MacDowell che neanche ve lo dico di Quattro Matrimoni e un Funerale). Tutte forti, volitive e indipendenti e fin troppo spesso insopportabili; il loro problema principale è che non comunicano e fanno danni tacendosi le cose l’un l’altra. Praticamente, se si parlassero non avremmo nessuna serie tv di cui discutere, quindi grazie di avermi dato un lavoro ragà!
La questione è che se vi raccontassi anche solo un cicìn di quel che succede, non avrebbe più senso guardare Andy MacDowell che tratta tutti male, quindi della trama vi lascio solo tre informazioni base: divorzio, trasloco, trauma mai risolto.
C’è pure un parto podalico, ma riguarda una mucca.
La sceneggiatura è coraggiosa, se consideriamo il genere di cui stiamo parlando, ossia il dramma smarmellato di campagna, e tratta argomenti difficili come la morte, la malattia e il divorzio con un’onestà straziante. La storia procede fluida alleggerita proprio dai viaggi nel tempo, che donano agli spettatori il giusto distacco da eventi che altrimenti sarebbero troppo reali e pesanti da osservare, e da elementi inseriti come se avessero un peso importante e che invece si sono rivelati irrilevanti, tipo il veterinario. La mucca questo lo sa bene.
Il cast fa un lavoro eccellente nel portare sullo schermo la complessità di questi personaggi che vengono continuamente uniti e sbalzati lontani da una tragedia troppo grande per ognuno di loro, consapevoli che la potrebbero affrontare insieme, se solo fossero in grado di aprirsi l’un l’altro.
Tutte le donne Landry soffrono, la maggior parte della serie è incentrata su come le loro vite sono state distrutte dalla scomparsa di Jacob e la morte di Colton, tanti anni prima: il nucleo emotivo della serie è il modo in cui intraprendono finalmente la strada verso la guarigione, ognuna a modo suo.
Per quanto riguarda l’aspetto del viaggio nel tempo dello spettacolo, non è la tipica interpretazione del genere. Non volendo scendere in particolari che rovinerebbero la sorpresa, mi limito a dire che parliamo di un approccio emotivo, più che fantascientifico: è magia, retaggio, possibilità. Espiazione.

Where the grass is green and the girls are pretty
In ultima battuta, impossibile non parlare della musica.
The Way Home fa un ottimo lavoro nell’usarla per qualcosa di più del semplice accompagnamento di sottofondo. Funziona davvero come una linea invisibile che lega insieme i diversi tempi ed epoche: volte è attraverso i personaggi che parlano di musica, altre è usando brani pertinenti per la location, e a volte serve come esempio di calore e vicinanza. Nei momenti più tristi, la sua assenza è persino usata per evidenziare la freddezza e la distanza.
Ogni episodio è il titolo di una canzone popolare, e molti dei personaggi si interessano alla musica in modo profondo e personale.
Nel complesso, consiglio caldamente di guardare The Way Home: è una serie nuova, con una scrittura eccellente, interpretazioni emozionanti di un cast di talento e una produzione estremamente curata. Dalla straordinaria fotografia, alla scenografia, agli oggetti di scena e all’ambientazione storica degli anni ’90, Hallmark ha davvero fatto centro.

Il mio biglietto da visita sono grandi occhi cerulei e un sorriso affettuoso, caratteristiche perfette per mascherare umorismo triviale e un sarcasmo che altrimenti mi metterebbe in guai seri.
Mi piacciono i dinosauri, gli zombie e il formaggio; sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma adoro anche rivedere i classici della mia infanzia.
E il formaggio.