The Village, Arrivato all’improvviso su Prime Video, si propone come la brutta copia del famoso franchising di zombie targato stelle e strisce
Sapevo che se avessi voluto fare un bagno di trash avrei dovuto cercare tra le produzioni indiane famose per i tragicomici romance e gli action assurdi, ma questo supera di gran lunga le mie aspettative…
Attirata soprattutto dalla durata, mezz’ora, mi sono fiondata nella visione per poi scoprire pian piano che da metà in poi le puntate erano di cinquanta minuti. Perché?
The Village, composto fortunatamente da soli sei episodi, inizia con una scatoletta su quattro ruote, perché chiamarla pullman sarebbe un complimento, che percorre una strada sterrata “da qualche parte” in India. Ok, c’era anche la località, ma è già tanto se sono riuscita a capire un paio di nomi, non pretenderete anche i paesi, spero? Comunque, i passeggeri di questo barattolo di metallo, per arrivare dove devono, in questa serata tempestosa, sono costretti a fare una deviazione in una zona ancora più sperduta di quella che stanno attraversando, come se fosse possibile, chiamata Kattiyal che costeggia “la vecchia fabbrica”, temuta da tutti gli abitanti del villaggio.
Il loro cammino si interrompe bruscamente con un incidente e all’improvviso appaiono quattro tizi armati di lance e spade, che sanno molto di White Walkers di Got, solo con meno vestiti. Inizia così la carneficina della famiglia all’interno del pullmino, non lo avevo detto? I poveri sventurati dovevano raggiungere l’ospedale per permettere alla giovane figlia di partorire al sicuro… Il tutto finisce in un bagno di sangue.
Dopo questa intro potenzialmente interessante parte la sigla della serie sulla falsa riga di RE: topolini con gli occhi rossi arrabbiati a bestia, i soliti doberman pieni di pustole e mezzi putrefatti che rincorrono prede… Sarebbe anche passabile se non fosse per la colonna sonora che è qualcosa di imbarazzante.
Veniamo catapultati a Singapore, senza apparente motivo, per conoscere la versione indiana e su sedia a rotelle del solista degli Outkast. Giuro che a ogni inquadratura partiva Hey ya! Il tipo, di cui non ricordo assolutamente il nome, futuro erede di una azienda farmaceutica o simile, assolda dei mercenari per accompagnare un gruppo di scienziati a Kattiyal e prelevare dei campioni.
Il team di professionisti è la personificazione tutti i cliché possibili, dal capo con la cicatrice sul volto, al Jason Momoa super attrezzato che viene fatto fuori in zero secondi, alla Letty seria ma cazzuta che muore peggio. Ce ne sarebbe un quarto, ma era tanto inutile che l’ho rimosso. Per non parlare degli scienziati, che dovrebbero essere quelli con il cervello e invece, non fanno che sparare ipotesi assurde o fin troppo ovvie… Insomma, ne abbiamo per tutti i gusti.
L’improbabile squadra, guidata dal povero assistente del riccone, arriva in India e si addentra nel bosco. Tutto bene, se non fosse che sembra di essere entrati in una versione psichedelica di Alice nel paese delle meraviglie con giganteschi funghi e fiori fluorescenti ovunque.

Nel frattempo ci viene presentato anche l’eroe, di cui potevamo fare a meno, ma che ha un suo perché solo sul finale. Comunque, lui con moglie e figlioletta sono in macchina e per una serie di sfortunate circostanze finiscono nel bosco vicino a Kattiyal con le ruote dell’auto forate. Coincidenze? Non credo.
Sicuro di fare la cosa giusta, abbandona le donne della sua vita con il cane e parte alla ricerca di aiuto. Dopo un’ora e passa di camminata, arriva al villaggio, ma nessuno se lo fila, troppo timorosi di addentrarsi nei boschi intorno alla fabbrica soprattutto di notte. Gli unici a dargli una mano, sono tre amici strambi che lo riporteranno alla macchina in sella a un trattore. Solo la scena di questi quattro sul lento veicolo agricolo è esilarante da morire, ora immaginatela con una musichetta tensiva/eroica come sottofondo.
Potrei continuare spiegando cosa abbia portato gente a uccidere altra gente o ciò che hanno fatto a quei poveri animali, ma non lo farò. Piuttosto vi dirò che The Village è da annoverare senza alcun dubbio tra i trashorror.
Non si salva nulla: l’eroe con la faccia da triglia, i tipi strambi che si porta dietro che piangono in ogni scena, il team di mercenari che non colpisce un bersaglio neanche con l’aiuto del mirino laser, gli scienziati che sono più utili da morti e i cattivi improbabili che si dilungano in spiegoni assurdi, ma almeno uno ha la voce da bambina dell’esorcista. Tutto questo condito da musica cringe che ti riporta bruscamente alla realtà, ricordandoti cosa stai guardando: trash allo stato puro.


Avete presente quando inizia a piacervi un personaggio e dopo cinque minuti muore o quando alla fine di una serie che vi è piaciuta tanto ne annunciano la cancellazione? Ecco, quello è il mio mai una gioia personale. Ho un talento naturale nel trovare le brutture più indicibili da guardare e dopo averlo fatto mi consolo divorando patatine e horror.