Ultimamente le proposte di Netflix sembrano volermi annoiare a morte, ma se si riesce ad andare oltre le descrizioni poco accattivanti e i poster leggermente trash, è possibile trovare prodotti davvero buoni, come The Night Agent.
Questo thriller politico, basato sull’omonimo romanzo di Matthew Quirk, riesce a tenere incollati gli spettatori per tutti e dieci gli episodi, senza mai manifestare la necessità di mettere in campo grandi nomi o effetti speciali. È storia allo stato puro, piena di piccoli errori che fanno sorridere e danno ancora più forza alla narrazione.
L’agente dell’FBI Peter Sutherland (Gabriel Basso) salva un gruppo di passeggeri da una bomba su un treno della metropolitana. Per qualche motivo, viene messo a lavorare a una scrivania nel seminterrato della Casa Bianca: il suo ruolo è aspettare che suoni una linea di emergenza, un vecchio telefono in bachelite, che gli agenti sotto copertura possono chiamare per chiedere soccorso o comunicare un’operazione compromessa.
Ma quel dannato telefono non squilla mai. Peter fa il suo lavoro coscienziosamente, ma si vede che vorrebbe qualche brivido in più nella sua vita professionale.
Per fortuna, dall’altra parte della città, una coppia (professionale e romantica) di agenti sotto copertura è nei guai. Poco prima che debbano combattere per la propria vita, ma subito dopo averli sentiti sussurrare di una possibile talpa alla Casa Bianca, inviano la nipote Rose Larkin (Luciane Buchanan) a un telefono in fondo alla strada per chiamare… sì. Il telefono! Il telefono!
Mentre la coppia sotto copertura viene uccisa, il capo dello staff del presidente, Diane Farr (Hong Chau), incarica Peter di tenere al sicuro Rose. Se ha chiamato il tuo numero, è più importante di quanto tu possa immaginare, dice. Mi fido completamente di te.
Anche noi ci fideremmo, se non dovessimo guardare per dieci episodi quella terribile parrucca bianca ficcata in testa a una donna asiatica di quarant’anni. Così, per dire.
Da qui in poi, è caos. Un caos bellissimo, così vivo e ricco di misteri, soluzioni, chiarezza, colpi di scena, che non ci interessa capire come fanno due braccati “dai poteri forti” a trovare denaro per alloggi, cibo e gasolio, o come riescano a mettersi in contatto con la gente usando dei burner phone. Quest’ultimo punto non è difficile da comprendere per chi è cresciuto negli anni ‘90 e doveva sapere a memoria i numeri degli amici, così per dire.
The Night Agent ti dà quella piacevole sensazione che provi quando ti imbatti in qualcosa di inaspettatamente bello, il genere di serie che hai voglia di consigliare agli amici già al terzo episodio. Perché lo sappiamo: il primo è sempre bello, poi la qualità scende.
Non stavolta.
Il ritmo è stellare, la narrazione sembra tortuosa quando è una catena lineare che chiude puntualmente ogni singolo anello. Mentre alcuni elementi generali vengono rivelati solo quando la serie guarda indietro tramite brevi flashback, piccoli errori vengono resi visibili se si presta attenzione. L’accenno di un nome che non è stato detto, una reazione a qualcosa che avrebbe dovuto essere segreto e quelle pause al momento giusto per dare al pubblico il tempo di realizzare e collegare insieme ai protagonisti della serie.
The Night Agent è un ottimo esempio di come destreggiarsi tra più linee narrative in un thriller di spionaggio. Da un lato, è una storia di sopravvivenza: mantenere in vita Rose, e in seguito un altra persona che non vi rivelerò, rimanendo un passo avanti rispetto al nemico che cerca di ucciderle, dall’altro riuscire a risolvere un mistero che si dirama e coinvolge le più alte cariche dello stato.
Dopo aver mantenuto un ritmo serrato e costante, i dieci episodi si concludono in modo eccellente, fornendo una chiusura completa a ogni personaggio e lasciando al contempo la possibilità di una continuazione.
Il mio biglietto da visita sono grandi occhi cerulei e un sorriso affettuoso, caratteristiche perfette per mascherare umorismo triviale e un sarcasmo che altrimenti mi metterebbe in guai seri.
Mi piacciono i dinosauri, gli zombie e il formaggio; sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma adoro anche rivedere i classici della mia infanzia.
E il formaggio.