Respira è nuovo medical drama spagnolo di Netflix, disponibile dal 30 agosto, scritto da Carlos Montero, il creatore di Élite e con uno degli ex studenti di Las Encinas, Manu Ríos, tra i protagonisti.
Forse sarò una voce fuori dal coro, ma a me Respira non è piaciuto. Pensavo che noi italiani facessimo fatica a realizzare le serie mediche, ma gli spagnoli ci battono di gran lunga. In questa, i drammi dei pazienti e quelli del personale sono caotici e poco approfonditi. Salvo l’importante messaggio che viene lanciato sulla condizione in cui sono costretti a lavorare gli operatori della sanità pubblica, come succede in diversi Paesi europei, Italia compresa, sottopagati e sotto stress.
Siamo nell’ospedale pubblico Joaquin Sorolla di Valencia e lo specializzando Biel de Felipe (Ríos) condivide con i colleghi sia le difficoltà lavorative che i drammi privati. Insieme agli altri giovani medici Quique (Xoán Fórneas), festaiolo dalla vita spericolata, May (Marwa Bakhat), che aspetta un bambino insieme alla sua misteriosa ragazza e Rodrigo (Víctor Sáinz), che pensa più a fare video che a fare il medico. Quest’ultimo è il fratello minore della dottoressa Jésica Donoso (Blanca Suárez), che fa del suo meglio per gestire ogni emergenza ospedaliera.
Biel è il cocco del miglior oncologo della città, il dottor Néstor Moa (Borja Luna) e si ritrova a seguire un’importante personalità politica, amica della sua famiglia, la Presidente della Comunità Valenciana Patricia Segura (Najwa Nimri).
La Presidente Segura ha intenzione di privatizzare la sanità, con conseguente danno per i pazienti meno abbienti e questo fa infuriare il dottor Moa e i suoi colleghi che non ci stanno e indicono uno sciopero senza garantire neanche i servizi minimi, mentre la responsabile di chirurgia Pilar Amaro (Aitana Sánchez-Gijón) e il direttore dell’ospedale Lluís Jornet Blasco (Alfonso Bassave) li ostacolano.
Questo è più o meno il succo della trama ma c’è molto altro, troppo direi. Succedono talmente tante cose e tanti drammi uno dopo l’altro che non respiri. È tutto ingarbugliato e le coincidenze sono davvero troppe, sembra che succeda tutto a chi lavora in quell’ospedale. Manca la parte leggera, quella che serve a far sì che le situazioni non siano sempre drammatiche e angoscianti.
Devo però dire che gli attori sono stati bravi a rendere credibile l’incredibile. Resti a guardare solo per sapere cosa succederà a loro, il resto diventa un contorno troppo condito.
Prendete specializzandi che pensano di non essere tagliati per questo mestiere, altri arrivisti e perfezionisti, quella incinta che vuole finire il praticantato a tutti i costi, un altro che si diverte un po’ troppo a fare festini, il direttore dell’ospedale che sembra più interessato al profitto che al bene dei pazienti, due fratelli che a lavorano insieme, medici e infermieri sindacalisti e avrete Respira, la serie che Netflix ha presentato come la versione ispanica di Grey’s Anatomy.
Come analogie io ci ho visto solo la parte dell’accoppiamento tra i medici in ogni luogo e in ogni tempo e gli specializzandi che vivono insieme.
Il cliffhanger finale lascia presagire una seconda stagione che spero sia meno… meno tutto.
Prediligo i fantasy e gli storici ma non disdegno ogni tanto zampettare tra thriller e polizieschi. Sono molto timida ma a volte non lo posso nascondere… gote rosse e occhi a cuoricino non mentono. Regalatemi una fontana che sgorga continuamente cioccolato e mi farete molto felice. Mi piacciono anche i libri e lo sport, ma odio gli zombie!