The Sinner, la serie che almeno per la prima stagione aveva conquistato tutti, è finita. Secondo me è la cosa più giusta che potessero decidere di fare perché lo sceneggiato è peggiorato sia per i guizzi della trama e la fantasia nella costruzione della storia sia per gli aspetti da thriller che sono sempre meno vivaci e rendono la fruizione, a tratti, noiosa.
Ecco la recensione delle stagioni precedenti.
The sinner 3: pazzia, delirio e Superuomini a Dorchester
Nella seconda stagione il detective Harry Ambrose aveva risolto un caso lontano dal suo commissariato tornando nella sua città natale. Ora, invece, ecco riaccadere qualcosa di misterioso a Dorchester.
Due uomini hanno fatto un incidente in macchina vicino alla proprietà di una pittrice (non dimenticatevi di lei): Jamie Burns, docente di scuola superiore, è rimasto illeso mentre l’amico, Nick Haas, che era venuto a trovarlo proprio quella sera, essendo senza cintura, è stato catapultato fuori dal parabrezza incastrandosi dentro e morendo varie ore più tardi.
Proprio questo non torna ad Ambrose: perché i soccorsi sono stati chiamati da Jamie dopo tanto tempo? E perché sembra che qualcuno abbia tirato il freno a mano durante la folle corsa della macchina causando l’incidente?
Queste sono le prime domande che daranno il via a un’indagine serrata che porterà alla scoperta del rapporto malato tra Jamie e Nick, della loro sfida alla morte in onore della teoria nietzschiana del superuomo e del rimorso che porterà Jamie alla follia, facendogli compiere una serie di azioni sconsiderate e criminali che riguarderanno da vicino proprio Ambrose, fino al tristissimo epilogo finale dove Jamie e Harry si confronteranno e, purtroppo, uno di loro morirà per mano dell’altro.

Avevo letto di stare alla larga dalla terza stagione e devo dire che, sì, in molti avevano ragione: la trama è quanto mai intricata con tratti che sconfinano nella filosofia, ma quello che più colpisce è l’inverosomiglianza dei fatti. A un certo punto, Ambrose, per seguire Jamie, si infiltra in una festa dove fa la parte dello zio del ragazzo, e fa cose che non ti aspetteresti da un detective e che probabilmente non succedono nella vita reale.
Rimane, però, intatta la grande forza di spirito di Harry ma, soprattutto, la sua capacità di affezionarsi ai protagonisti derelitti di queste storie di peccato e crimine.
La scena finale di questa stagione è così drammatica che vi consiglio di preparare i fazzoletti: nonostante le lacrime, quando la storia di Jamie Burns è finita ho tirato un sospiro di sollievo per me e per lui, perchè entrambi finalmente saremmo stati in pace, lui in quella eterna, io in quella momentanea data dalla liberazione da un personaggio terribile e negativo. Matt Bomer, però, merita l’applauso per la sua interpretazione magistrale di Burns: riesce a farsi odiare ma, nell’ultima scena, anche a farsi totalmente perdonare come antagonista della storia.
Insomma, una stagione molto sottotono rispetto alle due precedenti, tenuta, però, bene insieme dai due protagonisti (Bill Pullman ascoltato in lingua originale è davvero bravissimo!).
The Sinner, ultima stagione: quanto può essere malvagia una famiglia di pescatori?
Nella terza stagione, il detective Ambrose si è anche innamorato e indovinate di chi? Proprio della pittrice che menzionavo prima, Sonya Barzel.
La quarta, infatti, si apre con loro due che hanno intrapreso un viaggio per raggiungere un’isola di pescatori, Hanover, dove passare qualche settimana di relax visto che Harry non ha ancora superato la tragedia accaduta con Jamie Burns.
Anche qui, però, una notte, succede qualcosa di strano: dopo aver avuto un rapido incontro in un molo con Percy Muldoon, l’erede dell’impero dei pescatori di Clark’s Harbour, Ambrose la vede buttarsi dalla scogliera per un probabile suicidio.
E qui iniziano le cose che fanno ridere: sebbene sia in pensione da un anno e in quel momento sia un turista, lo sceriffo Raskin gli permette, almeno in un primo momento, di seguire le indagini e di comportarsi come un vero detective.
Fin da subito, Harry Ambrose capisce che la famiglia Muldoon è strana: la dispotica nonna Meg sembra sempre nascondere qualcosa e i suoi figli non sono da meno.

Ma quello che emergerà nel corso delle indagini di Ambrose (che, a un certo punto, verrà allontanato dallo sceriffo che è un uomo troppo ignavo per andare a fondo sulle cose) sarà un mistero molto fitto e veramente pericoloso per la sua incolumità.
Diciamo che avrei evitato solamente le parti in cui Harry parla con il fantasma di Percy perché le ritengo poco credibili e mi fanno pensare veramente che ad Ambrose manchi qualche rotella.
La trama della quarta stagione è più inverosimile ancora di quella precedente: possibile che le storiacce criminali capitino sempre dove il detective volge lo sguardo? É davvero credibile che, pur essendo in pensione, lo lascino indagare liberamente e, anzi, gli offrano anche informazioni riservate?
La soluzione a ogni domanda, poi, si ritrova in una brutta vicenda di traffico di esseri umani e nell’omicidio di un giovane ragazzo cinese: un po’ esagerata come risposta visto che si sta parlando di una pacifica isola di pescatori che, invece, nell’ottica degli autori, nascondo segreti e nefandezze di ogni genere.

Certo, in quattro stagioni, The Sinner ha saputo distruggere ogni ideale di famiglia, ogni immaginario di purezza dell’essere umano e, davvero, si arriva alla fine della visione stanchi di tutta questa sporcizia, di queste losche trame e si desidera solamente passare a un film smielato e di buoni sentimenti.
Sono veramente sovraccarica di ingiustizie e cose brutte e la fine di The Sinner è per me una bella liberazione!
Voto finale: 3/5

Tra il libro e il film ho sempre preferito il libro, per questo cerco sempre di guardare serie tv con sceneggiatura originale. Più son truci e meglio è, perché l'unico modo per combattere il Male è attraverso la sua conoscenza. Se mi cercate, non mi troverete mai al cinema nelle sale dei film strappalacrime. Molto meglio gli horror e tanti, tanti pop corn!