È uscita da pochi giorni la nuova docu-serie targata Netflix “Wanna” che ripercorre l’ascesa e il declino della nota televenditrice Wanna Marchi.
Ovviamente questa docu-serie ha scatenato l’indignazione generale perché certe figure dovrebbero essere lasciate al buio e non riportate alla ribalta dopo i loro crimini e io sono perfettamente d’accordo.
Andiamo, però, oltre allo scandalo e concentriamoci sul prodotto vero e proprio.
La storia di Wanna Marchi è molto particolare, figlia di contadini e con la quinta elementare, negli anni ’80 diventa la star delle televendite vendendo cosmetici dimagranti dalla dubbia efficacia ma molto amati dal pubblico. Viene invitata molte volte anche nei canali generalisti e ha un vero successo poiché sembra in grado di vendere il ghiaccio agli eschimesi.
Da qui la prima caduta, a causa di qualche investimento fallace, viene condannata per bancarotta: è il primo scivolone della Marchi al quale seguirà uno scandalo peggiore.
Alla fine degli anni ’90, infatti, Wanna Marchi ritorna in auge: al suo fianco l’inseparabile figlia Stefania ma anche un nuovo controverso personaggio, il maestro di vita Mario Pacheco Do Nascimento.
Stavolta la signora Marchi fa il passo più lungo della gamba perché inizia a vendere la fortuna: numeri del lotto, sedute di tarocchi e molto altro ancora.
All’inizio degli anni duemila, però, la carriera della televenditrice viene di nuovo stroncata grazie a Striscia La Notizia che, con la complicità della signora Fosca, scoperchia il vaso di Pandora. Fosca, infatti, al telefono con Stefania Nobile, finge di non voler più pagare 4 milioni di vecchie lire e scatena le ire della donna che le augura il peggio nella vita.
Ma è solo la punta dell’iceberg perché le indagini della guardia di finanza porteranno a galla il vero sistema truffaldino che sta sotto la ditta Asciè.
A tutti coloro che chiamavano veniva dato del sale da sciogliere in poca acqua, quando questo ovviamente non si scioglieva del tutto veniva detto ai malcapitati che avevano il malocchio e che servivano dei lavori del maestro pagati profumatamente per risolvere la questione.
Se, si rifiutavano di pagare partivano le minacce: “Sa che se non acquista questo servizio suo figlio potrebbe morire? Si rende conto che mette a repentaglio la vita di suo marito non pagando?”.
Il “sistema” Wanna Marchi arrivava così a spillare anche centinaia di milioni ai poveri malcapitati che si ritrovavano così sul lastrico, costretti a rubare in casa e, in alcuni casi, come viene raccontato nella serie, anche a prostituirsi per racimolare soldi.
Wanna Marchi e Stefania Nobile per i loro crimini sono state condannate a 9 anni e 6 mesi che hanno scontato, quello che più colpisce dalla visione di questa serie è la loro completa mancanza di pentimento.
Non si può davvero pensare che i colpevoli siano le vittime perché il truffatore non può avere nessuna scusante e questo, devo dire, emerge benissimo nelle quattro puntate di “Wanna”.
Ho apprezzato moltissimo gli interventi dei vari partecipanti che sono stati sempre precisi, soprattutto quelli del giornalista investigativo Zurlo che hanno dato davvero colore alla storia e hanno offerto anche un’interpretazione finale della vicenda ossia che il vero nodo della questione sono madre e figlia in lotta contro il mondo come due guerriere giapponesi nella giungla.
Wanna Marchi e Stefania Nobile sono due personaggi oltremodo negativi e la loro personalità si evince dalle loro stesse parole, la loro mancanza di pentimento dimostra quanto siano senza empatia.
Da un lato, quindi, ritengo che questa docu-serie si poteva evitare dall’altro penso che tutti debbano conoscere questa storia per tutelarsi da future truffe.
Tra il libro e il film ho sempre preferito il libro, per questo cerco sempre di guardare serie tv con sceneggiatura originale. Più son truci e meglio è, perché l'unico modo per combattere il Male è attraverso la sua conoscenza. Se mi cercate, non mi troverete mai al cinema nelle sale dei film strappalacrime. Molto meglio gli horror e tanti, tanti pop corn!