Jack Reacher è tornato, e stavolta il suo interprete è perfetto per il ruolo. Dimentichiamoci le imbarazzanti performance alla “vorrei ma non posso” di Tom Cruise, le sue scarpe rialzate e il modo imbarazzante in cui cercava di baciare le coprotagoniste stando sempre su qualche scalino improvvisato: Alan Ritchson, col suo metro e 98 e la massa di un frigorifero industriale, è tutto ciò di cui avevamo bisogno. Il suo aspetto incarna alla perfezione la descrizione fatta da Lee Child nei suoi romanzi, come doveva essere fin dall’inizio: occhi azzurro ghiaccio, capelli biondo scuro, alto un metro e novantacinque, un peso che nei romanzi varia tra i 100 e i 115 chilogrammi e una montagna di muscoli.
Proprio Tom Cruise, insomma.
Finalmente, ora che i libri sono in mano a persone che comprendono la passione dei lettori per i dettagli, Reacher raggiunge la sua piena dimensione a partire dai primi sei minuti del pilot, in cui, come appunto la sua controparte letteraria, non dice una parola. È proprio il silenzio una delle sue caratteristiche più importanti, che insieme alla sua imponenza alle sue dimensioni e a una mimica facciale senza eguali, riesce a intimorire chiunque in pochi istanti.
Questa prima (spero di molte) stagione ci riporta agli eventi narrati nel primo libro della serie: Killing Floor, o in italiano Zona Pericolosa.
Jack scende da un autobus a Margrave, entra in un diner, ordina torta di mele e caffè nero, poi viene arrestato con l’accusa di omicidio; da qui in poi sarà una pioggia di inganni, mosse da ninja, fiducia e gente che muore decisamente male. Eroe di guerra, pluridecorato, tiratore scelto, e infine investigatore della polizia militare ora in pensione, viaggia attraverso l’America e si ritrova coinvolto suo malgrado in un caso di omicidio, in una piccola città in mezzo al nulla. Reacher si assume la responsabilità di risolvere il mistero quando si rende conto che il crimine lo coinvolge direttamente, anche se a giudicare dal suo atteggiamento protettivo, sicuramente avrebbe dato una mano a prescindere.
Il modo in cui Reacher esce dal suo stoico mutismo per esprimere deduzioni incredibilmente argute mi ha riportata indietro nel tempo, negli anni ‘90, quando l’Agente della Polizia a Cavallo Canadese Benton Fraser dominava la scena in Due South.
Insomma, abbiamo una storia coinvolgente, attori perfettamente inseriti nei loro ruoli e che lavorano bene insieme, e uno stile rumoroso, forse un po’ retrò, che si adatta come un guanto alla trama. Reacher non è un uomo infallibile, non è un eroe invulnerabile: è un combattente esperto, un sottile detective e una calamita per i guai, come direbbe sua madre.
Questo show punta a essere leggero, anche se la posta in gioco sale esponenzialmente coinvolgendo i protagonisti in situazioni via via più pericolose: l’adrenalina e il mistero sono i punti focali da cui non riusciamo a distogliere lo sguardo, come nel migliore dei romanzi.
Una serie splendida, assolutamente da non perdere per rendere onore al Reacher che avremmo dovuto avere fin dall’inizio.
Il mio biglietto da visita sono grandi occhi cerulei e un sorriso affettuoso, caratteristiche perfette per mascherare umorismo triviale e un sarcasmo che altrimenti mi metterebbe in guai seri.
Mi piacciono i dinosauri, gli zombie e il formaggio; sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma adoro anche rivedere i classici della mia infanzia.
E il formaggio.