Se c’è una cosa che mi ha sempre dato noia, è la consapevolezza che la saga di Percy Jackson non sarebbe continuata, perlomeno non sullo schermo. Una storia così avvincente, attori capaci e calzanti e quel linguaggio immediato che riusciva a raccontare con facilità una storia complessa e articolata: un vero peccato vederla interrotta così.
Poi all’improvviso questa odiosa mania dei reboot che continua a farmi schifo, ma stavolta è riuscita a darmi una gioia!
La serie è incentrata su Percy Jackson (Walker Scobell), uno studente dodicenne che subisce bullismo a scuola a causa della sua percepita “differenza” rispetto agli altri studenti. La sua vita migliora quando fa amicizia con Grover (Aryan Simhadri), che non solo diventa un compagno fedele ma lo protegge anche dal tormento inflitto dagli altri studenti, fungendo da voce della ragione quando i sentimenti di Percy si fanno troppo tumultuosi. Dopo l’espulsione del protagonista per un incidente che ha coinvolto una compagna di scuola e una fontana, sua madre Sally non ha altra scelta se non quella di svelare una verità sorprendente: Percy è un semidio e suo padre è un dio greco. La narrazione continua con la rivelazione che Grover è un satiro, dedito a salvaguardare Percy dalle forze ostili. Quando Percy viene inviato al Campo Mezzosangue per la sua protezione, inizia a svelare i misteri che lo perseguitano fin dall’infanzia.
Questo nuovo adattamento parte subito correggendo un macro-particolare che agli appassionati non era proprio andato giù: l’invecchiamento dei personaggi. Percy Jackson ha dodici anni, deve avere dodici anni perché è quella l’età adatta a spiegare nel modo giusto le sue emozioni e le sue reazioni. Altra variazione sono i conflitti tra gli eroi, esacerbati nei film e assenti nei romanzi, e le intere sottotrame cancellate insieme ai loro protagonisti. Volevano rendere tutto molto figo, quando in verità il bello di questa storia sono le sue fragilità.
La serie lo ha capito e insiste nel dare la priorità al cuore della trama, anziché alla sua estetica.
Adattare correttamente i romanzi di Percy Jackson è sempre stata una questione di gestione del tono. I primi libri di Riordan sono stati trasposti tra i tanti film fantasy per ragazzi emersi a metà degli anni 2000, e hanno riscosso un grande successo probabilmente anche sulla scia della popolarità di Harry Potter, ma hanno sempre vantato un tono e una sensibilità tutta loro. La serie, che si svolge in una realtà alternativa in cui le creature, gli dei, i mostri e gli eroi della mitologia greca camminano segretamente tra gli ignari umani del mondo, è totalmente consapevole della sua folle originalità. Il suo mondo è quello in cui gli dei del Monte Olimpo vivono sopra l’Empire State Building, il mondo sotterraneo di Ade è opportunamente situato sotto le strade di Los Angeles e mostri come Medusa possiedono negozi di gnomi da giardino.
Gli effetti speciali potrebbero essere decisamente migliori, col portafoglio Disney in tasca e un budget di 10 milioni di dollari a episodio, ma è qualcosa su cui possiamo soprassedere.
Dire che Percy Jackson inizia con il piede giusto sarebbe un eufemismo. La serie abbraccia pienamente lo spirito adolescenziale del suo materiale originale e ne emerge ancora meglio, offrendo l’adattamento che aspettavamo da molto tempo.
Il mio biglietto da visita sono grandi occhi cerulei e un sorriso affettuoso, caratteristiche perfette per mascherare umorismo triviale e un sarcasmo che altrimenti mi metterebbe in guai seri.
Mi piacciono i dinosauri, gli zombie e il formaggio; sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma adoro anche rivedere i classici della mia infanzia.
E il formaggio.