Il mio tesoro? Potete averlo, se solo lo volete…
Ho finito di vedere gli otto episodi dell’adattamento live action di One Piece solo pochi istanti fa, e non riesco a riordinare l’oceano di emozioni che ho provato in queste poche ore. L’unica certezza, al momento, è che i miei occhi sono lucidi e sono preda di un sorriso che sembra non voler abbandonare il mio volto.
Il casting più perfetto che abbia mai visto, la libertà creativa che danzava insieme a una fedeltà impeccabile all’opera originale, omaggi e citazioni, il rispetto per le scene più iconiche, lo spazio dato a ogni personaggio nonostante il poco tempo a disposizione. Ci sono voluti anni per arrivare a questo risultato, e si vede.

Cos’è One Piece?
Un manga con 1.090 capitoli pubblicati in 106 volumi che raccontano un’epopea iniziata nel 1997, un anime con 1.073 episodi al suo attivo, numerosi film, videogiochi, merchandise infinito, spettacoli teatrali e monumenti dedicati in patria: l’opera più venduta di tutti i tempi.
Ma no, One Piece non è solo numeri e soldi, tutt’altro.
L’opera di Eichiro Oda è qualcosa che magari inizi per curiosità o perfino per sbaglio, poi non smetti più e ti ritrovi a ridere e commuoverti “per un cartone animato” come se ne andasse della tua vita. Il modo in cui il Maestro riesce a trasmettere le emozioni nella sua arte, la delicata potenza delle immagini, quella sensazione allo stomaco quando senti le note di Believe o We Are o Dio non voglia, Bink’s Sake, è qualcosa che pochissimi sono in grado di donare al pubblico.
One Piece è un inno alla libertà, un’epica saga dedicata all’amicizia e alla dedizione a un sogno.

Ma la trama?
Non vi svelerò la trama di One Piece! Prima di tutto perché tutti sanno che è una storia di pirati, e poi perché non esiste riassunto che potrebbe rendere giustizia a un’opera così articolata e studiata nel tempo. Per capire di cosa parlo, vi basti sapere che nel primo capitolo del manga, episodio 4 dell’anime, Shanks manifesta l’Haki per un istante (Conquistatore), un potere che non rivedremo prima del capitolo 246, episodio 160, a opera di Eneru (Percezione).
Una storia di crescita, conquista e follia, ricca di scene esilaranti e eventi tanto drammatici che basta un minimo accenno a scatenare nei fan un pianto scrosciante.
Il live action di Netflix ce l’ha fatta, gli autori sono riusciti a valorizzare egregiamente la storia, le vicende che accompagnano Luffy nel reclutamento della sua ciurma restano le stesse ma prendono un nuovo percorso, che tra le altre cose coinvolge personaggi inaspettati. Quindi sì, abbiamo Zoro, Usopp, Sanji e Nami, e ci arriviamo nello stesso modo, solo che prendiamo la strada panoramica: i cambiamenti di trama creano nuove interessanti dinamiche pur celebrando il materiale originale, e non è cosa da poco.

One Piece è da vedere?
Assolutamente sì.
La serie riesce a catturare gran parte della sincerità, del cuore e dello spirito di avventura che l’opera di Oda continua a darci da quasi tre decenni. Con un cast carismatico e brillantemente assemblato, una coreografia dinamica, una quantità ideale di assurdità da anime lasciata intatta e una manciata di cambiamenti nella trama e nei personaggi che rendono la serie più digeribile per il pubblico di Netflix, riesce a creare una prima stagione davvero accattivante. Godibile per i “novellini”, che purtroppo faranno comunque fatica a comprenderne la profondità, e assoluta goduria per i fan che passeranno il tempo a indicare lo schermo saltellando e strillando.
Le coreografie dei combattimenti sono prese direttamente dal manga e riportano a film come Shaolin Soccer; d’altronde, tutti i grandi guerrieri annunciano le mosse finali.
Believe in Wonderland

Il mio biglietto da visita sono grandi occhi cerulei e un sorriso affettuoso, caratteristiche perfette per mascherare umorismo triviale e un sarcasmo che altrimenti mi metterebbe in guai seri.
Mi piacciono i dinosauri, gli zombie e il formaggio; sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma adoro anche rivedere i classici della mia infanzia.
E il formaggio.