Il mio radar infallibile colpisce ancora, quindi perché privarvi di un trashorror?
Questa volta vi parlo di Non fate infuriare l’elfo, il cui titolo originale è There’s something in the barn, che potrebbe mettere un po’ di timore, se non fosse che il “qualcosa” non è altro che un folletto, vestito da gnomo da giardino, ma alto quanto un nano. Insomma, confusione ne abbiamo?
Cosa diamine ho guardato…
La disfunzionale famiglia americana Nordheim eredita una sperduta casetta tra i monti innevati della Finlandia. L’unico davvero contento di andarci è Bill, che tra un’eccessiva quanto snervante positività trascina moglie e figli in terra straniera, vendendo tutto ciò che avevano negli Stati Uniti. Un folle? Sì. Bill è svampito e incosciente e, con lo scorrere della trama la situazione non migliora. Il primo che avrei voluto veder morire già all’inizio magari incornato dall’alce e invece? Mai una gioia.
Comunque, arrivati a casina nuova lasciano le loro cose e si recano in paese per far amicizia con gli abitanti del posto. Il figlio minore Lucas decide di gironzolare nel villaggio e si imbatte in Tor, uno tipo strambo, che gli racconta del fjøsnisser, un folletto che vive nei fienili e che se trattato bene ricambia occupandosi degli animali o della fattoria in generale. Questo a patto di rispettare tre semplici regole: non alterare lo status quo in cui vive, non abbagliarlo con luci forti e non fare rumore.
Nonostante i tentativi di Lucas di avvertire la famiglia della presenza della creatura, i Nordheim ignorano le istruzioni ed è proprio dopo appena mezz’ora di film che sale l’incazzo al folletto, e dopo diversi tentativi falliti miseramente di uccidere gli ignobili umani si ritira nel fienile.
Lucas, su consiglio di Tor, tenta l’ultimo gesto per calmare il fjøsnisser: offrirgli del porridge. Così si alza di buon mattino e dopo averlo preparato lo ripone nel frigo. Vi ricordate il padre svampito e incosciente? Beh, finisce per mangiare l’offerta di pace e incurante delle conseguenze se ne va con una scrollata di spalle. Il ragazzo pensando erroneamente che un dono resti comunque un dono, porta al folletto del puzzolentissimo baccalà. Il risultato? Il fjøsnisser chiama i rinforzi.
Non fate infuriare l’elfo: Facciamo il pieno di trash
Finalmente la resa dei conti penserete, e invece no! Questi elfi-nani dopo aver fatto un’entrata ad effetto, rompendo le finestre e scavalcandole con tanto di strusciamento di palle sul davanzale (sì, perché l’altezza non è tra le loro doti e neanche saltare a quanto pare), riescono a far rifugiare i Nordheim all’ultimo piano della casa mentre loro iniziano il pigiama party. Tra cuscinate, oggetti rotti, e alcol a fiumi i temibili e arrabbiati folletti stramazzano al suolo esausti… non dovevano ucciderli? Forse, ma poi i quaranta minuti successivi non sarebbero serviti a niente, perché questa estenuante odissea dura quasi due ore.
Tutto questo mentre l’allegra famiglia ha un momento di unione in stile gruppo di sostegno dove ricordano i bei momenti passati insieme. Ok, tutto bene? Fate con comodo tanto non ci sono creature smidollate disseminate per casa che voglio farvi a salsicce.
Non fate infuriare l’elfo è nato horror, ma è morto peggio. Tra schizzi di sangue, molotov di dubbia creazione e adrenalinici inseguimenti in slitta con tanto di lame della sega circolare lanciate come frisbee, il film si conclude con un degno happy ending natalizio o quasi… Ci sarà qualche cadavere, ma non vi dirò di chi.
Arrivati alla fine la sensazione è quella di essere appena usciti dalla lavatrice, frastornati e increduli dinanzi a cotanta follia. Difficile farlo rientrare in una categoria e non credo sia un bene, eppure è da vedere mangiando i popcorn.
Avete presente quando inizia a piacervi un personaggio e dopo cinque minuti muore o quando alla fine di una serie che vi è piaciuta tanto ne annunciano la cancellazione? Ecco, quello è il mio mai una gioia personale. Ho un talento naturale nel trovare le brutture più indicibili da guardare e dopo averlo fatto mi consolo divorando patatine e horror.