Dimenticate il Lupin III di Monkey Punch, o meglio, continuate ad amarlo incondizionatamente, ma sforzatevi di aprire la porta a un Lupin completamente diverso, che invece di acquisire questo nome leggendario per diritto di nascita ottiene il diritto di portarlo per la sua dedizione.
Confusi?
All’inizio anch’io, poi però Omar Sy mi ha totalmente rapita.
Se ancora non lo conoscete
Chi è quel poveraccio che si deve rivolgere a degli strozzini? L’addetto alle pulizie che sogna guardando il collier della regina Maria Antonietta? Il tizio che vede poco suo figlio e si arrabatta da un lavoro all’altro, deludendo costantemente la sua ex moglie?
Un personaggio e nulla più.
Assane è un uomo imponente, ma è anche nero e se svolge lavori umili non viene visto. Questo gli permette di scomparire o al contrario, farsi notare se ha bisogno di un alibi; un inserviente invisibile, l’unico uomo di colore in smoking.
Dopo che per una vita intera è stato discriminato per il colore della sua pelle, il nostro Lupin ha imparato a farne uno strumento.
In una lenta e metodica partita a scacchi, Assane Diop ci accompagna nella sua vendetta contro l’uomo che ha fatto incarcerare ingiustamente suo padre e ne ha causato la morte. Le sue strategie sono ispirate alle imprese del Lupin letterario, i cui libri sono l’unica eredità rimastagli del genitore; solo un poliziotto sembra essersene reso conto, ma viene deriso da tutti i colleghi ed estromesso dal caso.
Nel primo capitolo, ci sono molti particolari che ci fanno capire che Assane è molto più di un appassionato lettore, lui è Lupin e lo dimostra quando pur essendo l’unico non travestito alla spiaggia, viene riconosciuto come tale. Proprio quando abbassa la guardia, quando non è in incognito, quando sta solamente trascorrendo del tempo con la sua famiglia, si sente chiamare e si volta, osservando negli occhi l’unico uomo che ha davvero capito.
E la storia continua
All’inizio della seconda parte la suspense è quasi insopportabile, sentiamo sulla pelle la paura per la sorte del giovane Raul mentre suo padre fa di tutto per portarlo in salvo; questo confonde non poco lo spettatore, che si trova davanti un personaggio molto diverso da quello della parte uno. Astuto ma avventato, abile ma colto dalla frenesia.
D’altronde non sta rubando una collana, sta salvando la vita di suo figlio. Si smette di giocare, perché il suo nemico diventa sempre più cattivo, perde ogni scrupolo e anche quando dice che non farebbe mai del male a un ragazzino non risulta affatto credibile: lo faranno i suoi uomini per lui, come sempre.
Nonostante quelli che sembrano essere degli imprevisti, Diop ha il controllo totale su un piano complesso e capillare, conosce e prevede le mosse di tutti, anche delle pedine che sembrano più insignificanti, ma per farlo ha bisogno di complici. Un amico fraterno che gli è accanto dai tempi della scuola, un ragazzo con le loro stesse passioni e grandi capacità, un poliziotto.
L’aiuto dell’unico agente ad aver compreso la sua vera identità è determinante per Assane: in lui trova un avversario onesto, corretto e dalla mente aperta che non si ferma al “ladro da arrestare” ma va oltre, indagando personaggi potenti. La sua determinazione permetterà finalmente alla famiglia Diop di avere giustizia e riscatto.
Il terzo capitolo poi…
Anche se la seconda parte avrebbe potuto concludere la storia con solidità, la continuazione è davvero elettrizzante, ricca di tensione, misteri e scene mozzafiato. Pur se resta mille passi avanti rispetto alle autorità, Assane non si adagia sugli allori. Un anno dopo, l’uomo più ricercato di Francia ritorna a Parigi ed è disposto a rischiare tutto pur di portare a termine un ultimo lavoro e portare la sua famiglia verso una vita lussuosa fuori dalla portata del sistema giudiziario.
Un nuovo nemico stravolge i piani del nostro protagonista, facendo temere agli spettatori che anche questa serie così bohémienne finisca nel girone infernale delle tragedie gratuite tanto amato da Netflix, ma è un timore che ci sfiora appena. Basta guardare negli occhi di Omar Sy per capire che non sarà così.
Una critica?
Purtroppo i cattivi di questa serie sono tristemente unidimensionali, con Pellegrini che col suo sigaro brinda ai soldi, il commissario corrotto che passa il tempo a sudare e gli scagnozzi caratterizzati unicamente dalla sociopatia. Ma forse è così che deve essere: sono cattivi e basta, avidi perché a loro piace così, privi di quella morale giocosa e ricca di fantasia che invece caratterizza il nostro protagonista.
Una serie deliziosa e appassionante, trainata da un Omar Sy non solo in splendida forma, ma completamente calato nel personaggio; un Lupin tenero, affascinante, divertente e forte, adorabile con quel suo sorriso sornione e gli occhi luminosi di chi ha sempre una soluzione pronta. Riesce a portare sullo schermo lo stesso fascino del personaggio cartaceo, brillante trasformista e ladro gentiluomo che se deruba una signora, il giorno dopo le fa recapitare dei fiori.
Il mio biglietto da visita sono grandi occhi cerulei e un sorriso affettuoso, caratteristiche perfette per mascherare umorismo triviale e un sarcasmo che altrimenti mi metterebbe in guai seri.
Mi piacciono i dinosauri, gli zombie e il formaggio; sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma adoro anche rivedere i classici della mia infanzia.
E il formaggio.