Quando vedo disponibile un film con Kevin Hart, ho sempre paura sia la solita pagliacciata in cui strilla e fa le facce, e c’è da dire che in Lift questo non accade. Purtroppo ho scoperto che Il Kevin Hart serio, però, è pure peggio del pagliaccio, e dargli un interesse amoroso si rivela un errore madornale.
Come se non bastasse c’è anche Vincent D’Onofrio, relegato a un ruolo infinitesimale e privo di senso. Oh, e Jean Reno, che ha tre battute in croce e interpreta un cattivo cattivissimo di cui si sa poco e si scopre ancora meno, e Sam Worthington, talmente sacrificato da essere invisibile.

La storia
Kevin Hart (inserire risate) interpreta un genio criminale generico che guida una squadra di geni criminali specializzati, e sì, l’hacker è asiatica. Lift inizia con un furto compiuto a Venezia, e non so se il titolo del film si riferisca al fatto che per fuggire fanno alzare il Mose, ma a questo punto non mi stupirei nemmeno, vista la stupidità che permea ogni “piano furbissimo” escogitato da questa banda di egocentrici disadattati. I loro piani sembrano ideati da bambini della scuola media che non sanno nulla di informatica, meccanica, ingegneria, persone e criceti: non serve neanche che vi dica che il Mose non si potrebbe mai alzare in 15 secondi.
Comunque, sono così fichi e bravi che l’interpol si trova costretta a smettere di dar loro la caccia e li assume per derubare un super cattivo sanguinoso, perché l’unico modo di fermarlo è impedirgli di pagare gli hacker che gli hanno promesso un certo servizio. Un plot di una stupidità imbarazzante, ma andiamo avanti. Non vi spoilero il rapporto tra il protagonista e l’agente che gli offre l’immunità in cambio della collaborazione, vi dico solo che è una gran gnocca e vi basta fare due più due.
Tanti casini, magheggi, aggeggi e sparatorie dopo, improvvisamente arriva la fine del film che riesce a essere ancora meno sensata della trama centrale.

Ma perché, dico io!
Lift sembra una miscela particolarmente fatta male di un qualsiasi Fast & Furious e un film come Ocean’s numero a caso o The Italian Job, ma ambientato in Europa. Un continente che per gli autori è chiaramente un mistero, visto che, oltre alla baggianata del Mose, se ne escono anche con un Aeroporto a Cortina (per la gioia della Santanchè).
Il cattivo è uno strano tipo di trafficante d’armi, interpretato da Jean Reno con l’energia di qualcuno che è stato trascinato incosciente e innaffiato di acqua gelida sul set; il grande attore francese appare in circa due scene ed è palese vorrebbe essere altrove. Le motivazioni del suo cattivo sono oscure al punto da essere inesistenti, ma il film aggira queste fastidiose preoccupazioni facendo sì che di tanto in tanto uno dei suoi numerosi personaggi gridi qualcosa sul salvare il mondo, o sul fermare i terroristi.
L’unico ad aver capito davvero che questo film è una pagliacciata, è proprio l’eccellente D’Onofrio, che si diverte a esagerare la caratterizzazione del suo misero personaggio come se stesse facendo teatro sperimentale.
Ultima croce sulla bara sono gli spiegoni a seguito di ogni azione: non riuscendo a rendere comprensibile quanto accade con le immagini, il regista si affida direttamente agli attori, a cui vengono affidati monologhi chiarificatori su chi ha fatto cosa, come e perché.
Insomma, se Red Notice era una simpatica patacca, Lift è inqualificabile.

Il mio biglietto da visita sono grandi occhi cerulei e un sorriso affettuoso, caratteristiche perfette per mascherare umorismo triviale e un sarcasmo che altrimenti mi metterebbe in guai seri.
Mi piacciono i dinosauri, gli zombie e il formaggio; sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma adoro anche rivedere i classici della mia infanzia.
E il formaggio.