La società della neve di J.A. Bayona, tratta dall’omonimo romanzo di Pablo Vierci e disponibile su Netflix, racconta una storia vera: quella dei 16 sopravvissuti al disastro aereo delle Ande nel 1972, salvi dopo essere rimasti isolati nella neve per 72 giorni.
Ansia. Angoscia. Senso di oppressione. È così che riassumerei le più di due ore del film. Non riesci neanche a piangere tanto è forte il magone che senti. O almeno è così che mi sono sentita io. Alla fine fai un respiro profondo ed è solo allora che la commozione dirompe e le lacrime scendono.
La società della neve, presentato per la prima volta all’80esima edizione del Festival di Venezia, ti fa restare incollato allo schermo. Vuoi sapere come e se queste persone ce la faranno a sopravvivere, anche se sai già quale sarà l’epilogo.
La morsa che hai sul cuore e sullo stomaco non ti impedisce di empatizzare con i personaggi, di immedesimarti nelle loro paure, nella rabbia, nella loro voglia di farcela e di tornare a vivere quando tutto sembra perduto.
È una storia di sopravvivenza e della straordinaria resilienza umana, ma anche e soprattutto di sacrificio, solidarietà, coraggio e amicizia.
Era il 13 ottobre del 1972 quando il volo 571 dell’aeronautica militare, con a bordo una squadra di rugby dell’Uruguay e i loro familiari diretta in Cile, si schiantò nel cuore delle Ande lasciando 45 persone in balia tra la vita e la morte.
Solo in 16 riuscirono a farcela dopo aver resistito al freddo gelido, alle tempeste di neve, mangiando di tutto (e per tutto intendo tutto… compagni compresi), provati nel fisico e nella mente, costretti a prendere decisioni difficili che metteranno a dura prova la loro moralità e coscienza.
Molto bello e significativo il voler raccogliere gli oggetti più importanti e rappresentativi di chi non ce l’ha fatta, fino al punto di non voler salire sull’elicottero che li porterà verso la tanto agognata salvezza senza la valigia che li contiene tutti.
La società della neve, candidato agli Oscar 2024 come miglior film straniero, è crudo e realistico e sottolinea alcune delle scene più drammatiche con i silenzi e i suoni ovattati che amplificano l’effetto emotivo.
La lezione che ho imparato da questa vicenda è stata che la vita è un dono per cui vale la pena combattere fino in fondo, nonostante tutto.
Non consigliato ai deboli di cuore.
Prediligo i fantasy e gli storici ma non disdegno ogni tanto zampettare tra thriller e polizieschi. Sono molto timida ma a volte non lo posso nascondere… gote rosse e occhi a cuoricino non mentono. Regalatemi una fontana che sgorga continuamente cioccolato e mi farete molto felice. Mi piacciono anche i libri e lo sport, ma odio gli zombie!