La Casa di Carta Corea, remake della famosissima serie spagnola, La Casa de Papel, ha avuto un discreto successo sulla piattaforma Netflix.
Purtroppo non spicca molto per originalità e, dopo aver visto i primi sei episodi, posso dire che i coreani se la cavano meglio con i prodotti originali.
La Casa di Carta Corea risulta molto interessante nei momenti in cui si sgancia dalla serie originale. Ci troviamo nel 2025 e la Corea del Sud e la Corea del Nord sono finalmente riunite dopo settant’anni di separazione.
Sarà proprio questa unione che porterà il Professore a progettare il colpo alla Zecca di Stato. Nella versione coreana questa rapina ha molto più senso rispetto a quella spagnola. Infatti, viene denunciato il sistema politico e sociale in cui i cittadini coreani si trovano a vivere dopo la nascita della nuova Nazione.
Attraverso il personaggio di Tokyo, anche qui voce narrante della storia, ci rendiamo conto che la promessa di trovare finalmente un luogo in cui ricominciare è solo una mera illusione, lei come tantissimi altri si ritroveranno a essere sfruttati e a subire soprusi.
Come nella serie Squid Game, anche qui si denuncia il divario tra classi sociali, i poveri non possono riuscire a migliorare la propria condizione mentre i ricchi finiscono per arricchirsi maggiormente sulle spalle dei più deboli.
Quando la banda del Professore entra nella Zecca di Stato le dinamiche sono praticamente identiche a quelle che abbiamo visto. I rapinatori indossano le famose tute rosse e una maschera, se gli spagnoli usavano senza un particolare motivo il volto di Salvador Dalì, i coreani hanno scelto la maschera che rappresenta gli Yangban, simbolo di ribellione contro le angherie delle classi ricche. Un grido contro un sistema che lascia indietro gli ultimi.
I personaggi sono praticamente gli stessi della serie spagnola
Tokyo è forte, caparbia e desiderosa di far funzionare il piano del Professore. Non ho mai avuto l’impulso di prenderla a schiaffi come invece mi succedeva con il personaggio della versione spagnola.
Berlino è molto più sadico e spietato proprio perché proviene dalla Corea del Nord e ha passato 25 anni in una prigione quando da bambino ha tentato di fuggire dal paese.
Rio è un hacker che usa le sue abilità informatiche per aiutare nei momenti cruciali della rapina e non sta sempre dietro a Tokyo come succedeva nella serie originale.
Nairobi è una truffatrice che ancora dobbiamo scoprire e approfondire meglio, Denver è sempre lo scemo del gruppo dal cuore tenero che si innamorerà della versione coreana di Monica.
Mosca, padre di Denver, e infine Helsinki e Oslo due delinquenti che vengono dalla Cina.
La maggior parte di questi rapinatori ha una maggiore caratterizzazione rispetto a quella che avevamo visto ne La Casa de Papel.
Il personaggio più deludente è proprio il Professore che ho trovato meno carismatico rispetto a quello interpretato da Álvaro Morte.
Il premio come personaggio più fastidioso resta sempre Arturito, che in entrambe le varianti fa uscire fuori l’istinto omicida che è in ognuno di noi.
Questa versione Made in Corea nonostante la scarsa originalità mi è piaciuta, magari nella seconda parte succederà qualcosa di inaspettato.
Avete presente il mondo gotico di Penny Dreadful? Preparatevi perché non avete visto niente. Lasciatevi trascinare dal mio elegante cinismo…ne vale la pena. Se da piccola desideravo ricevere il bacio del vero amore come le principesse, con gli anni il crime si impossessa di me e capisco che dare la caccia ai cattivi è più divertente del vissero felici e contenti. Nonostante ciò, resto sempre una romanticona, infatti amo i period-drama. Da sempre ho evitato le soap spagnole ma alle Dizi turche non sono riuscita a resistere