Io sono la fine del mondo, arrivato nei cinema nel silenzio più assoluto, diretto da Gennaro Nunziante, porta una commedia politicamente scorretta sul grande schermo.
Angelo Duro o lo ami o lo odi, la sua comicità pungente, cinica è riuscita a conquistare una buona fetta del pubblico italiano, me compresa.
Immaginate quindi la sorpresa di vederlo nelle sale cinematografiche, seguito dal regista per eccellenza di altri comici irriverenti come Checco Zalone e Pio e Amedeo.
Senza neanche un minimo di pubblicità, dal 9 gennaio ha scalato in fretta la classifica dei film, conquistando il primo posto per incassi, ma ne sarà valsa la pena?
Per l’attore e comico immagino di sì, visti i numeri, ma per gli spettatori?
Angelo Duro interpreta l’ormai conosciuto personaggio apatico, cinico e freddo che conosciamo da anni.
Allontanatosi dalla sua terra d’origine, vive a Roma dove per sbarcare il lunario riaccompagna adolescenti ubriachi a casa dopo una serata in discoteca.
La fidanzata lo lascia perché vorrebbe di più, ma Angelo fa orecchie da mercante e continua per la sua strada.
La svolta arriva quando la sorella gli chiede di tornare a casa per badare ai genitori mentre lei parte per una vacanza con il marito.
Con i genitori ha un rapporto non proprio idilliaco, insomma non lo ha con nessuno ma a loro riserva un trattamento speciale, una personale vendetta per i “torti” subiti quando era piccolino.
Io sono la fine del mondo è una sorta di compilation delle battute di Angelo Duro.
Una sequela di affermazioni caustiche sulle quali è anche difficile ribattere, perché in parte vere.
Il tutto detto con quel tono apatico e monocorde che è diventato suo marchio di fabbrica.
Il distacco con il resto del cast è palpabile, mentre gli altri recitano, lui sembra quasi un robot.
In barba a tutto e tutti, dice e fa ciò vuole, fregandosene delle opinioni altrui.
Il problema arriva quando il suo repertorio non collima con la trama che viene raccontata.
La storia che si snoda davanti ai nostri occhi sembra avere vita propria e non va da nessuna parte.
Il protagonista non ha un’evoluzione, resta il solito disadattato che schifa tutto e tutti dall’inizio alla fine.
Se sul palco di un teatro il suo personaggio funziona e anche bene, nella pellicola si si appiattisce, diventando blando, privo di quel mordente che lo caratterizza.
Io sono la fine del mondo è un film che non lascia niente, a parte una tristezza immensa per la cattiveria del protagonista e la stupidità di chi gli sta intorno.

Avete presente quando inizia a piacervi un personaggio e dopo cinque minuti muore o quando alla fine di una serie che vi è piaciuta tanto ne annunciano la cancellazione? Ecco, quello è il mio mai una gioia personale. Ho un talento naturale nel trovare le brutture più indicibili da guardare e dopo averlo fatto mi consolo divorando patatine e horror.