Il treno dei bambini di Cristina Comencini, disponibile su Netflix dal 6 dicembre, tratto dal best seller omonimo di Viola Ardone, è un film che commuove e fa riflettere, raccontando una pagina poco conosciuta della storia del dopoguerra.
Per alcuni anni il Pci e l’Unione Donne Italiane organizzarono affidi temporanei di ragazzi del Meridione nelle famiglie emiliane.
Dal 1946 al 1952, infatti circa 70mila bambini – soprattutto del Sud, ma non solo – furono portati nelle regioni rosse allo scopo di tenerli lontani dalla miseria, dando loro la possibilità di frequentare la scuola, non patire freddo e fame e anche venire a contatto con realtà diverse dalle loro.
Eccovi il trailer:
Il protagonista è Amerigo che all’inizio del film, ormai adulto ( Stefano Accorsi) e divenuto un celebre violinista, viene informato della morte della sua ‘’ vera’’ madre e ripercorre in un lungo flashback la sua storia.
Siamo nel 1946 a Napoli nei quartieri spagnoli, lui ha otto anni, suo padre (forse) è emigrato per cercare fortuna e vive con la madre Lucia ( una splendida Serena Rossi), che sta valutando di farlo partire verso il Nord.
Tutto intorno a loro ci sono le macerie della guerra e i due sono attanagliati da fame e miseria.
Amerigo parte, insieme ad altri amici dopo un addio straziante alla stazione tra i bambini, spaventati dalle dicerie secondo cui i comunisti che li ospiteranno li mangeranno, e i loro genitori, speranzosi di offrire ai loro piccoli una tregua dalle ristrettezze in cui vivono.
Per un contrattempo Amerigo, arrivato nelle campagne modenesi e rimasto senza famiglia affidataria, va a vivere con Derna(Barbara Ronchi), una donna single apparentemente fredda e distaccata, ma che ben presto lo amerà come un figlio.
Il piccolo, molto intelligente, frequenterà la scuola, creerà un bel rapporto con i nipoti della donna e scoprirà la sua passione per la musica, attraverso il violino , che sappiamo costituirà anche il suo futuro.
Inoltre seppur in un ambiente rurale e non borghese e ricco, tornerà a essere bambino, accudito, sfamato, coccolato come a Napoli non era stato, nonostante gli sforzi di Lucia e a vivere una spensieratezza che aveva perduto.
Man mano che i mesi passano e il ritorno a casa si avvicina si percepisce bene la sofferenza del bambino che è combattuto tra l’affetto per la vera madre e la sua vita modenese.
Lucia, rimasta a combattere la fame, al suo ritorno, sarà protagonista di un gesto ancora più generoso di quello di Verna nell’averlo accolto, lo lascerà andare, privandosi della sua vicinanza per offrirgli un futuro migliore.
I temi trattati in questa storia sono tantissimi, da quelli storici a quelli più intimi.
In alcuni momenti, per esempio quando una delle bambine in affido decide di non tornare, ho provato sofferenza al pensiero di come deve essere stato difficile vivere l’infanzia in quelle fasi, non dissimili da quelle in cui alcune popolazioni vivono anche oggi.
Da mamma ho avvertito tutta la sofferenza di Lucia, ma anche la sua rassegnazione, la sua impotenza e mi ha fatto male.
Serena Rossi, nel ruolo di Lucia, la madre di Amerigo, è assolutamente pazzesca, una novella Anna Magnani a mio avviso, ma anche Barbara Ronchi mi è piaciuta molto, ha saputo rappresentare cosa significa diventare madre, non di pancia ma di cuore.
La fotografia e la regia le ho trovate molto curate, i dialoghi centrati e il finale giusto.
Non è un film semplice da vedere, ma lascia un bel messaggio, vi consiglio di guardarlo, ma con i fazzoletti a portata di mano.


Gli storici sono la mia passione, mi piacerebbe catapultarmi durante la Reggenza tra balli e corteggiamenti. Amo gli amori contrastati e sono una sentimentale... mi commuovo pure per le pubblicità. L'altra mia passione è Grey's Anatomy che seguo dalla prima puntata anche se il mio personaggio preferito è morto nell'undicesima stagione... 😡