Arrivata su Netflix il 21 marzo e creata dagli sceneggiatori del Trono di spade David Benioff e D. B. Weiss, Il problema dei 3 corpi cerca di riadattare la complicata storia nata dalla mente geniale di Cixin Liu, autore della serie di romanzi chiamati la Memoria del passato della Terra.
Il progetto è molto ambizioso, sia per quanto riguarda la trama e gli argomenti non proprio fruibili a un pubblico così vasto, me compresa, sia per le grandi aspettative dei fan della saga letteraria.
Partiamo quindi con alcune premesse: la prima, se cercate un adattamento fedele ai libri NON vedetela, piuttosto reperite la versione cinese; seconda, preparatevi a brancolare nel buio perché alcuni, se non tutti, gli argomenti di fisica citati sono da veri intenditori. Insomma, non siamo ai livelli della storiella della mela che cade sulla testa di Isaac Newton.
I primi due episodi (di otto) da un’ora circa l’uno, sono di gran lunga i più difficili da processare, soprattutto per la mole di eventi e personaggi da seguire, solo una mente aperta e curiosa e con non poca dose di caparbietà riuscirà a non abbandonare immediatamente la serie.
Ci troviamo nella Cina degli anni ‘60, durante un’aspra rivoluzione culturale che vedrà morire un egregio professore di fisica davanti alla giovane figlia Ye Wenjie (Zine Tseng giovane – Rosalind Chao adulta) che verrà mandata in un campo di lavoro in Mongolia a scontare la sua condanna per non essersi opposta alle idee del padre.
Ye Wenjie diverrà un’importante astrofisica grazie all’adesione a un progetto militare supersegreto che le permetterà di realizzare l’impossibile: comunicare con specie aliene.
Purtroppo, il messaggio verrà intercettato dai Trisolariani, abitanti di un pianeta che si muove tra tre soli e da qui il titolo di tutta la serie. Ora, per gli amanti della fisica (tra i quali non rientro) il problema dei 3 corpi è un tema che affascina da sempre, un quesito a cui non si riesce a dare risposta. Non essendo pratica in materia e non volendo entrare nei particolari, dirò semplicemente che il pianeta Trisolaris ha i giorni contati e i suoi abitanti cercano una nuova casa perché la loro verrà distrutta.
Ye Wenjie non farà altro che invitarli sulla Terra per accoglierli a braccia aperte.
Questo primo contatto avrà ovvie ripercussioni nel presente, dove cinque brillanti studenti di fisica di Oxford, una strizzatina non troppo velata ai K5 di Annalise Keating, avranno a che fare con anomalie inspiegabili in ambito scientifico e un’impressionante quantità di suicidi tra i colleghi.
La reazione dell’intera umanità alla scoperta dell’arrivo spingerà lo spettatore a non poche riflessioni, così come l’uso della tecnologia e i possibili risvolti.
La trama de Il problema dei 3 corpi è affascinante, ammesso si riesca a superare lo scoglio iniziale, eppure non risulta lenta tranne quando, nel presente, partono i drammi personali dei protagonisti.
L’interesse è alto fino alla scoperta del futuro arrivo/invasione dei Trisolariani, dopodiché ci si perde.
I fantastici 5 non sono altro che cliché viventi:
- Jack Rooney (John Bradley) è il classico ricco, nerd, grassoccio che è immaturo e irritante da morire.
- Saul Durand (Jovan Adepo), indolente e rilassato, ha un approccio più da spettatore esterno che da protagonista attivo.
- Auggie Salazar (Eiza Gonzales), la più interessante a mio avviso, bella e intelligente, ma che non si dà arie per questo. A un certo punto sparisce… perché?
- Jin Cheng (Jess Hong), stacanovista e anaffettiva, non ha tempo per i drammi o i sentimenti. La vera motrice della storia, senza la quale non avremmo capito un ciufolo di ciò che sta accadendo.
- Will Downing (Alex Sharp), timidino professore che non ha avuto il coraggio di osare, sia in ambito lavorativo che amoroso, essendo innamorato di Jin da sempre.
Bella la fotografia e la regia, meno le parti in computer grafica soprattutto quelle all’interno del gioco, la sceneggiatura e l’adattamento non sono male, ma c’era davvero bisogno di cinque geni? Fortunatamente esiste Thomas Wade (Liam Cunningham) che è un favoloso personaggio grigio, ambiguo e determinato a raggiungere i suoi scopi in un modo o nell’altro.
Il finale è terribilmente piatto, sarà la maledizione di Benioff e Weiss che non riescono a chiudere in modo appropriato i loro prodotti.
Se siamo fortunati avremo una seconda stagione per concludere questo viaggio e che spero abbia più mordente.
Avete presente quando inizia a piacervi un personaggio e dopo cinque minuti muore o quando alla fine di una serie che vi è piaciuta tanto ne annunciano la cancellazione? Ecco, quello è il mio mai una gioia personale. Ho un talento naturale nel trovare le brutture più indicibili da guardare e dopo averlo fatto mi consolo divorando patatine e horror.