Diciamo che Halo è un titolo ingombrante, non era facile accontentare tutti. Da una parte i gamer che, giustamente, pretendono un prodotto fedele alla saga videoludica, dall’altra il pubblico televisivo, che cerca una storia nuova e accattivante.
Ho scelto di approcciarmi a questo primo episodio, Contact, come spettatrice, in modo da poter giudicare la serie come un prodotto a sè, ma poi non ho resistito e ho riguardato alcuni gameplay perché dai, Halo è Halo: il gioco è inscindibile dalla serie.

Partiamo dall’errore numero uno, ossia la coprotagonista Kwan. Se l’idea era farcela piacere, qualcosa è andato storto perché è davvero irritante, oltre che priva di fascino; il suo taglio di capelli è qualcosa di criminale e quel poco che riesce a esprimere non è altro che un cliché dietro l’altro. Vivo in un paese di merda, mio padre è il generale, esco dalle mura di nascosto a cercare piante allucinogene e perdo tutto nell’attacco degli alieni cattivi. Bonus Orfana Achieved e si va avanti un Mandalorian alla volta.
Questa stracciapalle vive a Madrigal, e sì, nella mia testa ha suonato la canzone di Mirabel tutto il tempo, appena ho letto il nome del pianeta. Un luogo davvero brutto, inospitale ma ricco di acqua e ossigeno, nonostante sia deserto; ci vivono i ribelli, ovviamente, e il papà di Kwan è il generale loro leader. Sono tutti bravi e buoni, poi gli alieni li attaccano e li decimano. Lei si salva solo grazie all’intervento degli Spartan, i soldati dell’UNSC che in teoria sarebbero loro nemici, ma quei cinghiali spaziali sono peggio e finiscono col fare fronte comune contro di loro.
Lo Spartan da tenere d’occhio è 117, che, entrato in contatto con un manufatto dei Covenant, si resetta alle impostazioni di fabbrica e inizia a ritrovare la sua coscienza e i ricordi. Sì, perché gli Spartan sarebbero la versione spaziale di Robocop, per farla breve.
117 digievolve, si presenta come John e, purtroppo per tutti noi, si toglie il casco rivelando al faccia di Pablo Schreiber.
L’episodio cerca di darci subito un’idea generale di tutti i personaggi schierati e delle loro motivazioni, ma nella fretta fallisce rendendoli troppo facili da dimenticare.

Fretta, fretta, fretta. Il combattimento che fa fuori tutta la gente di Kwan si svolge nei primi minuti, e subito ci spiattellano Master Chief: era davvero necessario rivelarci tutto subito? Piazzare così a caso il protagonista assoluto della serie e fargli morire tutti intorno, quando lui dovrebbe essere un salvatore, un eroe?
Altro particolare snervante è l’efficacia delle armi, che nelle mani dei ribelli non hanno alcun effetto sui Covenant, poi però quando 117 raccoglie la mitragliatrice del generale, che ha sparato a tutti senza scalfire nessuno, all’improvviso riesce a far fuori il nemico. O ancora questi alieni, che sono atterrati al solo scopo di recuperare un manufatto, ma decidono di perdere tempo e andare ad attaccare l’avamposto locale, anziché andarsene subito.
La battaglia a mio avviso è l’unico elemento che può dare soddisfazione ai giocatori, soprattutto quando il POV passa in prima persona; per il resto ci sono contentini e easter eggs, ma niente di eclatante soprattutto perché la serie non è Canon rispetto al gioco. È una linea temporale a parte, la Silver Timeline, ed è stata creata appositamente per la serie: gli appassionati possono collocarla dove vogliono abbinando i riferimenti già trovati nei libri, nei comics e ovviamente nei giochi.
Halo ha avuto un inizio noioso, incapace di bilanciare la necessità di accontentare due tipi di pubblico forse troppo diversi tra loro.
Il mio biglietto da visita sono grandi occhi cerulei e un sorriso affettuoso, caratteristiche perfette per mascherare umorismo triviale e un sarcasmo che altrimenti mi metterebbe in guai seri.
Mi piacciono i dinosauri, gli zombie e il formaggio; sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma adoro anche rivedere i classici della mia infanzia.
E il formaggio.