Ecco, lo sapevo: hanno avvisato Arnold Schwarzenegger del reboot di True Lies, e lui ha deciso di tornare con una serie tutta sua, che ne riprende in parte il plot. Fubar ha consentito a Netflix di portare a casa un nome leggendario, e a Arnie di mostrarsi in un ruolo action comedy che gli è stato letteralmente scritto addosso.
Purtroppo, al di là del fattore nostalgia e del piacere di vedere il suo volto familiare per ben otto episodi, la serie fatica a mantenersi costante ed è facile scadere nel solito prodotto che si guarda col telefono in mano e la soglia di attenzione di un cercopiteco. Il personaggio di Luke Brunner è solido, costruito molto bene, ma la figlia Emma è quanto di più sgradevole e irritante gli autori potessero creare, e questo fa drasticamente precipitare il gradimento del prodotto.

Arnold interpreta Luke Brunner, una spia pronta a ritirarsi (il nostro Terminator ha 75 anni, dopotutto) quando viene costretta a un’ultima missione per salvare una risorsa infiltrata nel compound di un cattivo di nome Boro (Gabriel Luna). Brunner può passare facilmente dietro le linee nemiche perché conosce Boro da quando era bambino; in effetti, lo ha aiutato e supportato per anni a causa del senso di colpa per averne ucciso il padre, un pericoloso terrorista. Purtroppo i suoi sforzi sono stati vani, perché crescendo è diventato un maniaco del controllo violento, nonché un trafficante di armi nucleari.
Quando Luke arriva al complesso di Boro, è sorpreso di scoprire che l’agente sotto copertura che deve salvare è sua figlia Emma (Monica Barbaro). In qualche modo, il fatto che entrambi i Brunner siano superspie è un’informazione che la CIA è stata in grado di nascondere a entrambi come loro hanno fatto coi loro cari, come l’ex moglie di Luke, Tally e il fidanzato di Emma, Carter.
Fubar diventa quindi una sequenza alternata di missioni di spionaggio e conversazioni terapeutiche tra padre e figlia, a volte letteralmente con uno strizzacervelli della CIA soprannominato Dr. Pepper. L’idea che i Brunner salvino il mondo e poi risolvano TUTTI i problemi familiari di tutta la loro vita come se non avessero mai avuto una conversazione prima finisce per essere la spina dorsale della serie. Purtroppo è questa ripetizione che prosciuga davvero Fubar: un continuo ping-pong di come Luke non fosse lì per Emma o di come lei stia ripetendo gli stessi errori del padre nella sua nuova relazione.
Al di fuori della dinamica padre/figlia, i personaggi di contorno appaiono abbastanza sterili, danno movimento e varietà senza essere approfonditi. Ci sono confessioni puntuali, inserite per fornire una motivazione all’azione, ma non sono sufficienti a dare tridimensionalità alla persona.
Le situazioni di vita e di morte qui vengono spazzate via con un’alzata di spalle da film di serie B, o trasformate in un eccesso melodrammatico. La sottotrama su una bambina morente è particolarmente eclatante, ma risulta totalmente fuori contesto, e la premessa iniziale dello show si dissolve mentre si concentra quasi esclusivamente su Boro, un cattivo inafferrabile e allo stesso tempo fallace, invincibile ma comodamente stupido.

In Fubar, tutto ciò che può andare storto, lo fa in modo spettacolare (da qui il titolo, acronimo di Fucked Up Beyond All Repair/Recognition”, cioè “Fottuti oltre ogni possibilità di riparazione). Il problema è che questi errori si verificano così spesso da diventare prevedibili, rovinando in parte il lato comedy. Vedere un corpo sbattere contro una finestra subito dopo una dichiarazione di pace è esilarante, ma dipende tutto dal tempismo, non funziona se il pubblico può vedere arrivare lo scherzo; è ovvio che la persona ubriaca che impugna impropriamente un’arma potente distruggerà accidentalmente qualcosa di necessario alla fuga o simili.
C’è anche la natura ciclica della situazione di Luke ed Emma. Dato che i loro piani esplodono costantemente sulle loro facce, sono costretti a ripetere a oltranza le stesse conversazioni sulla necessità di fidarsi l’uno dell’altro, o su quanto sia importante essere onesti con i propri cari più e più volte. Emma in particolare è di una pesantezza unica, molto meno disposta a imparare rispetto al padre.
Il verdetto è che Fubar ha potenzialità e un protagonista che tiene sulle spalle una serie mediocre, rendendola migliore di quello che è in realtà: se non ci fosse Arnold, il voto sarebbe decisamente più severo.

Il mio biglietto da visita sono grandi occhi cerulei e un sorriso affettuoso, caratteristiche perfette per mascherare umorismo triviale e un sarcasmo che altrimenti mi metterebbe in guai seri.
Mi piacciono i dinosauri, gli zombie e il formaggio; sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma adoro anche rivedere i classici della mia infanzia.
E il formaggio.