La premessa può non sembrare delle più fantasiose, ma Dolce Nero ti cattura fin dal primo istante.
Basato sul romanzo bestseller di Charmaine Wilkerson, è un giallo mistero storico racchiuso in una saga familiare. Nella California di oggi, due fratelli che non si parlano da anni ricevono in eredità una serie di registrazioni dalla loro defunta madre, che racconta loro la storia della sua vita, e rimangono sconcertati dai segreti scioccanti ivi contenuti. Stiamo parlando di identità rubate, spose in fuga, stupri, adozioni e avvelenamenti.
Cavolo, grazie, mamma… Volevamo solo sapere a chi andava la credenza ma ok.
Sessant’anni di salti da un lato all’altro dell’oceano Atlantico.
Nell’adattamento prodotto da Oprah Winfrey, i ragazzi scoprono che la loro madre non è Eleanor, cresciuta in un orfanotrofio, ma Covey, cresciuta sull’idilliaca costa dei Caraibi con un padre cinese e una madre nera. Nel presente, i suoi discendenti di successo stanno soffrendo per la sua perdita, ma in una serie di registrazioni postume vengono a conoscenza della loro eredità (in un raro momento di umorismo, Benny esclama con gioia: “Siamo cinesi!”), e dei dolori e segreti più oscuri di Eleanor. Sentono la madre parlare della sua infanzia come campionessa di nuoto e surf e del suo amore per l’oceano che alla fine avrebbe trasmesso loro. I genitori di Covey invece le hanno dato solo dolore, sua madre l’ha abbandonata all’età di 11 anni e lei ha trascorso il resto della sua infanzia sotto la cura del padre, dipendente dal gioco d’azzardo e dall’alcool, che ha portato la famiglia alla rovina finanziaria.
È indubbio che col senno di poi, Covey, ora Eleanor, avrebbe potuto raccontarsi ai figli molto prima, ma guardandola fuggire con stoica determinazione dai pericoli, non è difficile capire come si sia ritrovata in un doloroso loop di menzogne. L’attrice che la interpreta durante la gioventù, Mia Isaac, è straordinaria, paralizzante, cambia e cresce sottilmente mentre Covey viene privata dell’innocenza e si trova in sincronia perfetta con l’interprete dei suoi ultimi anni, rendendo Eleanor enigmatica ma piena di sentimento e profondità.
Otto episodi che richiedono pazienza e molta concentrazione, in cui vediamo cambiare più volte le carte in tavola; per godere appieno di questa miniserie non avrete spazio per le distrazioni.
La scrittura è complessa, molto articolata ma mai confusa, la fotografia si adatta perfettamente a tempi e luoghi, ma come accennato sopra è l’interpretazione della protagonista a stupire davvero, tanto che ogni volta che lei non è al centro dell’attenzione, la storia sembra perdersi. Il contrasto di questo passato così ricco contrapposto a un presente quasi acerbo, abitato da personaggi francamente dimenticabili, è ciò che purtroppo fa smarrire anche lo spettatore più virtuoso. Appena compaiono i figli sullo schermo, è difficile non distrarsi guardando altrove.
C’è da dire che Dolce Nero è decisamente prolisso. Gli episodi durano un’ora intera e faticano a mostrarsi sempre pieni; il materiale è davvero eccezionale, ma è affiancato da momenti mediocri e stranamente vuoti, con gli stessi temi – importanti, sebbene ovvi e non rari – reiterati in varie forme. Come la stessa Covey, la serie è incline a riconfezionare le stesse cose ancora e ancora, sperando che la nuova interpretazione prenda piede. Non sempre funziona, ma va bene anche così.
Il mio biglietto da visita sono grandi occhi cerulei e un sorriso affettuoso, caratteristiche perfette per mascherare umorismo triviale e un sarcasmo che altrimenti mi metterebbe in guai seri.
Mi piacciono i dinosauri, gli zombie e il formaggio; sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma adoro anche rivedere i classici della mia infanzia.
E il formaggio.