Netflix ha deciso di uccidermi: prima mi delizia con One Piece, poi mi fa annusare l’ambrosia con YuYu Hakusho, e adesso se ne esce con City Hunter, l’iconico manga di Tsukasa Hojo del 1985-1991 e straordinario anime che dalle nostre parti si vedeva sui canali locali, quelli che avevano anche Ranma, Hokuto No Ken e Arale.
Nel 1993 si era tentato un Live Action con Jackie Chan, una pellicola trash del cinema di Hong Kong, ricordata con affetto per una scena in cui Chan si traveste da Chun Li di Street Fighter per ingannare alcuni scagnozzi.
Il film adatta abilmente il prodotto originale, dimostrando la fattibilità dei live-action che ormai stanno diventando un fiore all’occhiello per Netflix, ma non nascondo che questo è un film “a cui ci si deve abituare”. Ho faticato ad andare oltre la prima mezz’ora, sicuramente perché ciò che rende in modo eccellente sui disegni, può essere difficile da digerire quando a interpretarlo è una persona in carne e ossa. Ryo Saeba è un personaggio complesso, un pagliaccio, un killer, un maniaco, un uomo capace di grande profondità, e le transizioni tra un comportamento serio e uno ridicolo richiedono grande capacità sia all’interprete che al regista; ammetto con sollievo che ce l’hanno fatta. Il ritratto di Ryo da parte di Suzuki trasmette abilmente la sua personalità complessa, oscillando tra sarcasmo, umorismo e momenti seri.
Anche se non tutti trovano attraenti le buffonate di Ryo, Suzuki dà profondità a queste caratteristiche lasciando intendere che potrebbe esserci un lato più compassionevole che si nasconde sotto la superficie.
La Kaori che ci viene mostrata invece è acerba, ha appena subito un lutto (che è all’origine della trama) e si deve adattare al suo nuovo compagno di avventure mentre attorno a loro regna il caos, il che conferisce al suo personaggio più vulnerabilità. Anche se la loro relazione è ancora agli inizi, lei diventa il centro emotivo della storia, aggiungendo cuore alla trama già ricca di azione.
La coreografia degli scontri è sorprendentemente fluida; i momenti che coinvolgono il combattimento corpo a corpo sono potenti e feroci, a dimostrazione dell’abilità del regista Tanimoto. Il mix di umorismo demenziale e azione furiosa che alleggerisce l’atmosfera senza diminuire la forza delle scene di battaglia è impressionante, anche se la sparatoria non segue realisticamente la fisica dei proiettili, ha comunque un potente impatto visivo.
I fan saranno soddisfatti? Superato lo sconcerto iniziale, assolutamente sì. Viene fatto ogni sforzo possibile per mantenere il film fedele al materiale originale, partendo dai martelli da dieci tonnellate di Kaori, all’improvvisa melodia Footsteps che arriva come un colpo di pistola al cuore, o ancora alla sigla che chiude la pellicola come se fosse un episodio qualsiasi dell’anime.
Il mio biglietto da visita sono grandi occhi cerulei e un sorriso affettuoso, caratteristiche perfette per mascherare umorismo triviale e un sarcasmo che altrimenti mi metterebbe in guai seri.
Mi piacciono i dinosauri, gli zombie e il formaggio; sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma adoro anche rivedere i classici della mia infanzia.
E il formaggio.