Avevo quattordici anni quando ho letto per la prima volta “Cent’anni di solitudine”, capolavoro del 1967 di Gabriel García Márquez, nonché uno dei miei tre libri preferiti.
L’ho letto e riletto nel tempo, compilando persino un albero genealogico a penna da tenere tra le pagine per non perdermi nel dedalo dei nomi ripetuti dei vari Aureliano e José Arcadio e Ursule e Amarante, ma sempre con lo stesso entusiasmo e stupore che si prova davanti a qualcosa di grandioso, anche se ineluttabilmente triste.
La serie di Netflix di cui abbiamo i primi 8 episodi dei 16 previsti avrebbe potuto essere una scommessa facile da perdere, si sa che adattare un libro così amato rischia di scontentare tanti, invece credo che si possa dire che il risultato sia stato abbastanza gradito.
Per me, una sentimentale e dotata di grande immaginazione, vedere trasposti sullo schermo personaggi così ricchi di fascino e magia è stato un sogno realizzato. Ho trovato l’adattamento splendido.
Eccovi il trailer:
Siamo circa a metà del XIX secolo, al matrimonio di José Arcadio Buendía (Marco González) e Úrsula Iguarán (Susana Morales). Sono cugini, quindi la loro unione è malvista dalla torva madre di lei, che prevede alla figlia figli malformati con code di maiale. Ursula allora indossa una cintura di castità e si nega al marito, causando chiacchiere che sfociano in un delitto d’onore.
Sentendosi sgraditi nella loro città natale, a causa del fatto che José Arcadio è perseguitato dal fantasma dell’uomo che ha ucciso, partono con altri giovani per un viaggio lungo ed estenuante, fino a che si fermano in una zona paludosa e fondano Macondo.
Macondo è un’utopia realizzata, è stato fatto uno splendido lavoro, i costumi e gli arredi dell’epoca ne hanno reso in maniera perfetta l’atmosfera e anche la sua fioritura, così come la splendida magione coloniale dei Buendìa nell’arco dei 30 anni successivi al loro arrivo.
Inoltre ogni snodo della trama è stato rispettato, ogni personaggio, compresi i secondari, sono stati caratterizzati al massimo delle possibilità.
La voce fuori campo riecheggia con frasi emblematiche del romanzo che sono impresse nella mente di chi lo ha letto e che danno una sensazione di ritorno a casa.
Ho amato in particolare la caratterizzazione delle donne, realiste e colonne portanti della famiglia, ma ho gradito anche gli uomini, in particolare il capostipite visionario José Arcadio e il preveggente Aureliano.
Bellissimi anche gli zingari, colorati, eccentrici, liberi e Melquiades ( Moreno Borja) che più perfetto di così non poteva essere.
Forse verso la metà, il tono potrebbe risultare un po’ didascalico, come nella versione cartacea all’improvviso cambia, la guerra e la politica contaminano il mondo incantato e magico di Macondo, preparandoci a quello che poi vedremo nella seconda parte.
Il sesso, spesso proibito e incestuoso che tanta parte ha nel libro nel film è ben calibrato.
La maledizione di un bambino con la coda di porco non si avvera ma i figli e i nipoti di José Arcadio e Úrsula sono condannati a ripetere sempre gli stessi errori, inseguendo spesso sogni e ideali irrealizzabili. Le donne spesso vittime del loro impeto potrebbero sembrare vittime, ma in realtà sono il motore della vita. Il personaggio di Pilar Ternera che nel volume mi era poco piaciuto è stato molto valorizzato e l’ho apprezzato.
Poi ci sono le immagini che come lettori abbiamo impresse nel nostro cuore, la pioggia di fiori gialli che annuncia la morte di José Arcadio e il sangue che scorre attraverso la città fino ai piedi di Úrsula per annunciarle che suo figlio è morto, quelle che ti fanno scendere lacrime copiose e ti fanno concludere che chi ha realizzato la serie ha amato il libro come te.
Appuntamento al 2025.
Gli storici sono la mia passione, mi piacerebbe catapultarmi durante la Reggenza tra balli e corteggiamenti. Amo gli amori contrastati e sono una sentimentale... mi commuovo pure per le pubblicità. L'altra mia passione è Grey's Anatomy che seguo dalla prima puntata anche se il mio personaggio preferito è morto nell'undicesima stagione... 😡