L’attesa era tanta (almeno da parte mia): Leo Gassmann mi piace sia fisicamente che come cantante (la sua “Terzo cuore” l’anno scorso mi aveva conquistata), poi, c’è da dire che dai vari trailer, da cui siamo stati tartassati guardando Rai 1 durante questa settimana, avevo notato una certa somiglianza, un certo savoir faire simile al Francone Nazionale e, invece… invece il film “Califano”, biopic dell’omonimo cantante, è stata una vera delusione.
La vita di Califano la conosciamo tutti: un ragazzo di borgata, romanaccio, umile che, però, ha un vero talento nello scrivere canzoni. Si può dire che lo scopra Edoardo Vianello ma, in poco tempo, Franco arriverà a scrivere musiche e testi intramontabili come “Minuetto” per Mia Martini e “La musica è finita” per Ornella Vanoni, poi, la carriera da solista, la celeberrima “Tutto il resto è noia”, la caduta per i guai giudiziari (spaccio, presunte collusioni con la camorra, cattive amicizie…), l’ascesa come sex symbol sciupafemmine e ci fermiamo qui, perché il film non va oltre l’anno 1984 (considerate che Califano è morto nel 2013).
Partiamo, quindi, col commentare il cast: personaggi famosi per nulla somiglianti agli originali, su tutte una Patrizia De Blanck che sembra una scolaretta mentre era una giovane donna dotata di estremo fascino, Leo Gassman che per tutto il film mantiene un’unica espressione facciale ossia quella del sorriso a 34 denti (beato lui che ce li ha!), dialoghi banali (della serie “Come va?”, “Bene”, “Stai bene?”, “Non sto bene”), monologhi drammatici privi di pathos ma anche di senso nella trama e sottotrame che si aprono e non si chiudono, un disastro.
Il film sembra montato da un operatore che aveva fretta: scene importanti durano (e non scherzo) 4 secondi, poi, salto temporale di anni, poi altra scena di 4 secondi con altro salto in avanti; in che modo noi telespettatori avremmo potuto, così facendo, affezionarci a un personaggio o anche solo comprendere la portata di un evento?
Lasciamo, poi, stare che il mito di Califano più che esaltato viene ridimensionato, anzi, ridicolizzato: guardatevi in rete le foto del grande Franco, appariva come un gangster americano e ottenne il successo che era già un uomo maturo e fascinoso, perchè, quindi, farlo interpretare dal 1969 al 1984 (calcolate che era nato nel 1938) a un ragazzino imberbe che, pur bello e patatino quanto volete, non ha la caratura di un uomo vissuto, un uomo di vera esperienza, che dal basso ha raggiunto le vette?
No, no, NON-CI-SIAMO e lo dico con dispiacere e, poi, lasciatemi fare un’ultima lamentela: si parla tanto di lotta al patriarcato ma è anche grazie alle fiction e agli sceneggiati che ci propina la rete nazionale che siamo ridotti così; “Califano” è pieno di donne stupide, delle vere e proprie galline senza intelletto né profondità; la prima moglie di Califano, Rita, è praticamente una ragazza senza arte né parte che vive come sua groupie e, poi, viene abbandonata come un cane dall’eroe MASCHIO; Patrizia (De Blanck, NDR) è una sciocchina, vestita da zXXXXla, anche lei abbandonata dal grande musicista senza dire nè A né BA.
E’ davvero questa la rappresentazione che vogliamo dare delle donne? Perchè ve lo dico sinceramente, nè oggi nè negli anni ‘60 le donne sono ed erano così e questo è il solito maschilismo tremendo che è peggio di un virus per coloro che ancora guardano la RAI.
L’unica nota di merito è che la voce di Leo Gassman era abbastanza somigliante e che le canzoni (da CANTANTE qual è) le cantava lui: lasciamogli, vi prego, fare quel che sa fare e boicottiamo tutti insieme le fiction e i film di Mamma RAI… solo a chiamarla Mamma, per dirla come i LA SAD, “vomito anche l’anima”…
Tra il libro e il film ho sempre preferito il libro, per questo cerco sempre di guardare serie tv con sceneggiatura originale. Più son truci e meglio è, perché l'unico modo per combattere il Male è attraverso la sua conoscenza. Se mi cercate, non mi troverete mai al cinema nelle sale dei film strappalacrime. Molto meglio gli horror e tanti, tanti pop corn!