Dire che l’ho iniziato “per sbaglio” sarebbe riduttivo. Netflix aggiorna settimanalmente il suo catalogo e Beastars era lì a guardarmi già da un paio d’anni, figuriamoci; continuavo a vederla come una strana serie per adolescenti e non riuscivo a sbloccarmi. Per fortuna alla fine la curiosità ha avuto la meglio, perché ci ho messo davvero pochissimo a divorare le due stagioni (e una terza è in arrivo!).
Ma cos’è Beastars? Un mondo traballante di animali parlanti e coesistenti, grandi e piccoli, che gestiscono e reprimono i loro istinti naturali: i carnivori resistono alla brama di sangue, impedendosi di divorare l’amico erbivoro, il quale a sua volta deve fare i conti col terrore costante di relazionarsi con un predatore.
La serie non si trattiene ed esordisce con un omicidio da far rizzare i capelli: i primi minuti mostrano la morte di Tem l’alpaca, divorato da un compagno di scuola carnivoro, e mentre il mistero rimane a lungo irrisolto e scuote definitivamente le relazioni e le dinamiche tra i carnivori e gli erbivori della scuola.
L’anime adattato dal pluripremiato manga omonimo, prepara così il pubblico alla violenza che ribolle sotto le vibranti immagini della Cherryton Academy. Attraverso queste tensioni, conosciamo i personaggi: Legoshi, un lupo grigio in conflitto (che è molto meno inquietante di quanto appaia nel manga) e protagonista antisociale che non possiamo non adorare; Haru, una coniglietta nana bullizzata dalle ragazze e adorata dai maschi, e Louis, un cervo rosso tanto astuto quanto complesso, che fin dai primi istanti non ce la racconta giusta.
Ve lo dico: se decidete di guardare Beastars, passerete metà del tempo a chiedervi perché e l’altra metà a volerne di più. I conigli sfoggiano lingerie, i leoni gestiscono un sindacato del crimine organizzato e le galline trattano le loro uova come se fossero recensite da Yelp. Il cervello umano non è preparato a dare un senso a stronzate del genere, e forse è proprio per questo che non si riesce a smettere. La serie non ha paura di diventare ridicola e, in effetti, è molto più godibile quando non si prende troppo sul serio. A volte le ampie auto-narrazioni di Haru e Legoshi risucchiano il divertimento da un anime che già di suo non offre molto sollievo comico, quindi ben vengano le deviazioni folli con personaggi come Legom il pollo e il team di pubbliche relazioni della Cherryton.
C’è un sottofondo davvero interessante di questioni sociali che si adattano perfettamente nella giustapposizione carnivoro/erbivoro. La più ovvia è la storia d’amore, con numerosi animali che esprimono le loro preoccupazioni sulla natura tabù dei sentimenti di Legoshi per Haru. Più sottili poi sono le aspettative sovvertite, gettate con apparente noncuranza qui e là, con alcuni degli erbivori che sono apertamente meschini e conniventi rispetto ai giganti buoni.
Beastars è profondo, con la narrazione piena di commenti sociofilosofici e la combinazione di personaggi che presentano caratteristiche sia degli animali che degli esseri umani. Il concetto principale rimane se le persone (e gli animali) possono andare contro la loro natura, con la storia che suggerisce che possono farlo, ma non sempre, e non senza intenso dolore psicologico e fisico. Il sesso e il modo in cui influenza la mentalità degli adolescenti sono un altro tema centrale, insieme ai concetti di auto-sacrificio, esposizione sui social media (la frase “lo pubblicherò su Beastbook” farà sicuramente ridere lo spettatore), dipendenza e popolarità. Vengono commentati poi anche il razzismo e la segregazione, intensificando la profondità della serie.
Il mio biglietto da visita sono grandi occhi cerulei e un sorriso affettuoso, caratteristiche perfette per mascherare umorismo triviale e un sarcasmo che altrimenti mi metterebbe in guai seri.
Mi piacciono i dinosauri, gli zombie e il formaggio; sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, ma adoro anche rivedere i classici della mia infanzia.
E il formaggio.